Il pane dolce di mele e miele

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pandolce di mele e miele

Tutto ebbe inizio un sabato mattina. All’ora in cui – con precisione cronometrica – una voce garbata e professionale gli recita una sequenza di numeri che solo per lui hanno un significato, Monsieur d’Aubergine venne investito dagli improperi di un’anziana signora inferocita.

Lo vidi allontanare il blackberry dall’orecchio mentre sgranava gli occhi come davanti a una tigre del Bengala e potei così udire distintamente le ultime parole dall’altro capo del filo: “… non comprerò più un aspirapolvere da lei!”. E, a seguire, il colpo secco di una cornetta sbattuta.

“Qualcuno deve aver sbagliato numero…” disse riacquistando il suo invidiabile distacco. Ignaro del fatto che quello non era uno dei suoi commenti da filosofo: era una profezia.

Un quarto d’ora dopo fu la volta di un signore dal linguaggio “colorito”: comunicava l’ultimatum per la restituzione di un computer portatile e, in caso contrario, minacciava sfracelli. Seguirono una mamma di tre figli lasciata senza lavatrice, un anziano senza cordless(“…non vi vergognate? Mi devo alzare tutte le volte per rispondere!”) e una coppia di ragazzi alle prese con una yogurtiera che non dava segni di vita… almeno fino a che non cadde la linea.
In tutti gli altri casi la comunicazione fu chiusa in malo modo, il che rese praticamente impossibile risalire al motivo di cotanta intemperie telefonica.

“Ci dev’essere qualche contatto…” fu la diagnosi di mio marito, mentre tra un’esplosione e l’altra continuava imperturbabile le sue telefonate di lavoro.

Il sabato successivo fu il proprietario di un televisore il primo a chiamare, dichiarando che avrebbe sospeso il pagamento delle rate.
“Senta, io non so come lei abbia avuto questo numero, ma le assicuro…”
“… Ah!… adesso fa anche finta di non sapere chi sono? E’ la seconda volta che chiamo e lei mi dice che ho sbagliato numero… Allora sa cosa faccio? Una denuncia!” E – manco a dirlo – seguì un brusco clic.

Solo verso l’ora di pranzo, grazie a un cliente finalmente gentile, fu possibile scoprire che non c’era alcun contatto telefonico. O meglio… un contatto c’era: stampato a caratteri blu dietro l’indicazione “Assistenza tecnica”, il numero di cellulare del povero Monsieur d’Aubergine – fino ad allora gelosamente custodito da una ristretta cerchia di iniziati – campeggiava sulla ricevuta consegnata ai clienti di una grande catena di elettrodomestici.

“Mi sembra impossibile, ma è meglio che vada a controllare…” sentenziò il diretto interessato. E si precipitò al negozio nel quale, un mese prima, avevamo lasciato il televisore per una riparazione.

Avete presente con quanta nonchalance si dice spesso che la realtà supera la fantasia? Beh, sappiate che non è una frase fatta: uno sceneggiatore non sarebbe riuscito a concepire una situazione più inverosimile.

Nessuno si spiegava l’accaduto: con tanti candidati disponibili, avevano promosso a responsabile unico dell’assistenza tecnica un ignaro signore che rischia di morire folgorato ogni volta che a casa sua cambia una lampadina.
“Però… è pur sempre una riga nel curriculum…” mi scappò detto in uno dei miei accessi d’ironia. Che non venne compreso appieno…

Furono tre settimane di fuoco. Quella bizzarra hotline telefonica popolata di frullatori, lavatrici, aspirapolvere e una marea di gente incattivita sembrava inestinguibile: nonostante due visite in negozio, un colloquio con il direttore e una cortese mail di protesta, il povero Monsieur d’Aubergine dovette rispondere a decine di telefonate, spesso nel corso di riunioni di lavoro al cospetto di colleghi stupefatti. Finché un bel giorno anche lui perse la pazienza: a modo suo…

Non essendo un tipo da clava, scrisse una formalissima lettera in punta di fioretto. Ventiquattr’ore dopo, l’ufficio legale della catena rispondeva con molte scuse, la promessa di correggere prontamente quel numero e una cospicua mazzetta di buoni-acquisto.

Una ciotola di mele per il pandolce al miele

Si è aperta così la fase due di questa incredibile avventura. Scartata l’ipotesi di regalare bistecchiere e frullatori per Natale (viviamo a centinaia di chilometri da tutte le persone care e affittare un cargo sarebbe piuttosto costoso), declinata l’offerta di sostituire la dotazione (basic ma perfettamente funzionante) che abbiamo già in casa, mi sono lanciata nell’esplorazione di quel che il mercato offre per valutare un ampliamento del parco-elettrodomestici di famiglia.

Con una premurosa signorina alle calcagna ho così appreso che esiste un robot ingoia-polvere che fa persino le scale (“Grazie, ma inciampo già per conto mio…”), un epilatore per ascelle a raggio laser (“Come depilarsi in “Guerre stellari”….”), un asciugacapelli che pare un acceleratore di particelle, uno scalda-paraffina per mani e piedi (“Serve se si spara a qualcuno?” “No signora, per idratare la pelle.”) e perfino una mini-lavatrice per gioielli e dentiere (“Siamo sprovvisti degli uni e delle altre, ma la terrò in considerazione…”). Oltre a un numero sconsiderato di macchine per il caffé (ma a noi piace la caffettiera), di macchine per il pane (ma noi si impasta a mano) e di robot da cucina tanto evoluti da togliervi ogni piacevole rapporto diretto con il cibo che state preparando (foss’anche un piatto di spaghetti). Se poi siete degli appassionati di scafandri, c’è n’è persino uno di pile termoriscaldato, da usare per starvene imbalsamati sul divano con una sola mano fuori per azionare il telecomando.

Ne sono uscita con un paio di fruste elettriche, quattro pile per la caldaia della cucina, un set di cartucce per la stampante, un phon e un ferro da stiro di riserva. E la salda consapevolezza di non aver bisogno d’altro.

E’ stato mio marito a decidere che l’unica cosa che davvero ci serviva era un cellulare: per la sottoscritta.
“Così finalmente ti si potrà trovare, quando non sei in città…”
Ho provato a resistere, adducendo come scusa il diritto di ciascuno a scomparire qualche ora, di tanto in tanto, dal campo telefonico del prossimo.
“Non sono mica un cardiochirurgo d’urgenza! E poi ne ho già uno…”
“Quel catorcio?!? Ma se non ti funziona mai…”

Il “catorcio” – costato la bellezza di ventinove euro e con una spiccata propensione a scaricarsi – è stato pensionato: difficilmente si sarebbe presentata un’occasione altrettanto propizia per i suoi numerosi detrattori.
La sottoscritta, con una spiccata propensione a dimenticare il cellulare in ogni possibile “altrove”, è attualmente accessoriata come un adolescente viziato: ha un telefono luccicante che verrebbe da dire “Gli manca solo la parola…” se non fosse che ne esiste persino una versione parlante.

Ho trascorso due giorni a cercare di farlo funzionare, e mi ci vorranno almeno due mesi per imparare a non dimenticarlo a casa.
“Mi spieghi almeno come si accende e si spegne…” ho chiesto rassegnata al commesso.
“Ma signora, questi cellulari non si spengono mai! Di notte lo tiene sul comodino e la mattina mentre si prepara lo mette un po’ in carica…”
Non so chi abbia definito la routine del perfetto detentore di cellulare, ma so di certo che non spodesterò dal mio comodino quel meraviglioso saggio sulla peste in Europa per sostitirlo con un telefono, seppure obiettivamente intelligente.

E adesso che non ho più scuse per evadere dal campo telefonico del prossimo, dovrò anche smettere di chiedermi che senso abbia essere sempre connessi con il resto del mondo. Continuerò invece a interrogarmi sulla sottile linea di confine tra la tecnologia che mi semplifica la vita e quella che me la complica.

E mentre per la cucina si spande benefico un profumo di mele e miele e intreccio le dita attorno a una ciotola di té, sorrido pensando che la mia ancora di salvezza lavora al contrario: sfida persino la forza di gravità…
Perché sarà l’aereo a salvarmi: lì dovrò spegnerlo per forza, il cellulare. E volete che una come me non si dimentichi qualche volta il codice per riaccenderlo?

Naturalmente, conto sulla vostra discrezione…

S.

IL PANE DOLCE DI MELE E MIELE

INGREDIENTI

mele grattugiate: 300 gr (vi serviranno circa 450 gr di mele)
farina integrale: 200 gr
farina bianca 00: 150 gr
maizena: 50 gr
miele: 250 gr
burro: 100 gr
uova: 3 (meglio se grandi)
yogurt: 3 cucchiai abbondanti
lievito vanigliato: 1 cucchiaino (bello colmo)
bicarbonato: 1 cucchiaino
limoni: 1/2 (solo il succo)

Rivestite di carta forno uno stampo da pane e accendete il forno a 180°.

Setacciate in una ciotola la farina bianca, la maizena, il lievito e il bicarbonato. Aggiungete la farina integrale (che non passerebbe dal setaccio…), mescolate e tenete da parte.

Lavate e sbucciate le mele, grattugiatele con una grattugia a fori grandi e bagnatele con il succo di mezzo limone per non farle scurire.

In una ciotola a parte lavorate con le fruste elettriche il burro (tiratelo fuori dal frigo con un po’ d’anticipo) e il miele: il composto sembrerà una crema impazzita, ma non vi preoccupate. Continuate a far andare le fruste a velocità media e incorporate le uova, una alla volta, e poi il mix di farine (in due-tre aggiunte).

Deponete le fruste e, aiutandovi con un cicchiaio o una spatola di gomma, aggiungete le mele grattugiate e lo yogurt. Mescolate bene, rovesciate nello stampo e infornate per 50-60 minuti.

Fate in modo che la torta non si asciughi troppo in cottura. Dopo i primi 40 minuti potete aprire lo sportello del forno e tastarla in superficie: dev’essere gommosa, né troppo molle né troppo secca.

Sformatela su una gratella da pasticciere e fatela raffreddare bene prima di consumarla.

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Stampo
Uno stampo classico da cake non sarà sufficiente a contenere questo impasto, che ha pur sempre tante mele. Perciò usatene uno un po’ più grande, preferibilmente di quelli bassi e larghi che si usano per il pane. Il mio è da 11 x 25 cm (direi di un paio di litri di capacità).

Un rustico, semplice pane di mele
Questa non è una torta soffice: è una di quelle ruspanti torte basic, più simili a un pane che a un Pan di Spagna, che vi potete permettere a colazione o a merenda anche a ridosso delle feste. Aspettate qualche ora prima di affettarla, altrimenti si sbriciolerà facilmente (il che non la rende meno commestibile, sia ben chiaro…). Va d’amore e d’accordo con il té, del profumo che preferite, ma non disdegna la compagnia di una tazza d’orzo. Una cucchiaiata di mascarpone e un po’ della vostra marmellata preferita contribuiranno a risollevarvi l’umore, se siete reduci da una giornata di quelle sulle barricate. E se avete l’impressione che tutti gli scocciatori camminino sulla vostra strada, ricordatevi del povero Monsieur d’Aubergine… nel caso, potrei consigliarvi un negozio di elettrodomestici.

Neve e disgelo
Che la tastiera congelata non fosse solo effetto delle temperature polari lo avete capito benissimo. Sono state settimane molto intense e non mi sembrava il caso di tediarvi con la lista dei miei impegni: ciascuno ha già i suoi, soprattutto in questo periodo. Ma non vi nascondo che l’energia che mi è arrivata dai vostri commenti e dalle vostre mail è stata capace di scongelarmi, prima ancora che le dita, il cuore (siamo quasi a Natale, “cuore” si può dire, no? …): non finirò mai di stupirmi per tutto questo e di sentirmi in debito quando non riesco a rispondervi (però leggo, eccome se leggo…). E siccome detesto essere stucchevole, la smetto qui.

Parentele
Questo pane di mele e miele ha almeno tre cugini più grandi (guardateli bene: si somigliano pure…):
pane dolce di kaki con noci e nocciole
pane alle banane con nocciole e cioccolato
pane dolce alla birra con malto e prugne secche