Chi ha paura del soufflé?

Il soufflŽe di asparagi che non si smontaIl soufflŽe di asparagi che non si smonta http://www.fragoleamerenda.it/author/sabrine/

Il soufflŽe di asparagi che non si smonta

Qualcuno di voi si ricorda di quel post con i muffins alle mele nel quale – ringraziandovi per l’entusiasmo riservato alla raccolta di ricette di Nonna Papera – vi scrivevo che avreste meritato “un soufflé che non si affloscia, una sachertorte con le calorie di un finocchio bollito e un cotechino vegetariano”? Beh… ci ho messo qualche mese, ma un soufflé che non si smonta l’ho trovato. Eccovelo: di asparagi… ma potrebbero essere carote, broccoli, carciofi o quel che volete voi.

Non è un videogioco: è una ricetta vera, testata più volte perché non ci credevo neanche io. Pensavo infatti che il soufflé che non si smonta fosse qualcosa di “non dato in natura”, una figura retorica a effetto: un ossimoro culinario come la panna magra e le barrette al cioccolato dimagranti.

Finché, girando per blog, non mi sono imbattuta in questa ricetta. C’è chi racconta che sarebbe addirittura una rivisitazione di un piatto del mitico Escoffier datato primi ‘900, poi adattato e “addomesticato” da Richard Olney (l’Américain gourmand à Paris, autore di “Simple French Food“) negli anni ’70.

Quale che sia la sua origine, la preparazione è semplice e la riuscita assicurata: pare dipenda dal numero di albumi superiore a quello dei tuorli, il che penso abbia un senso. Ma resta il fatto che in molte ricette di soufflé c’è qualche albume in più: e a nessuno passerebbe per la testa di non servirlo all’istante.

Perché la differenza tra un soufflé perfetto e una poltiglia di forma irrimediabilmente convessa sta in quella manciata di secondi che intercorre tra l’uscita dal forno e il momento in cui vi si affonda il cucchiaio. Non è questione di sapore (un soufflé è buono anche se afflosciato sul fondo dello stampo), ma piuttosto un piacere di testa: sapere che la sfida è riuscita, che abbiamo vinto noi, che la forza di gravità è un limite superabile anche in cucina.

Sicché la sua preparazione è per un cuoco quello che un lancio nello spazio è per un ingegnere aerospaziale: una prova maestra. Per affrontare la quale serve quella combinazione di perizia e incoscienza utile in molti casi della vita: compresi i passaggi fondamentali, non resta altro da fare che buttarsi… fiduciosi in un atterraggio morbido.

L’incubo che trattiene molti dal cimentarsi in un soufflé ha due distinte componenti: un rischio e una certezza.

Il rischio è che il composto, cuocendo in forno, non si gonfi come deve: cioè a mongolfiera, con quella cupola che pare un capolavoro dell’architettura e lascia tutti a bocca aperta manco fosse quella del Pantheon. La certezza è che dopo un attimo la cupola sprofonda.

Avevo sempre pensato che la vita di un soufflé fosse un istante lieve, come quella delle farfalle. Che dopo l’affondamento non ci fosse possibilità alcuna di riportarlo in vita… Ma mi sbagliavo: qualcuno più fiducioso di me nella resurrezione ha provato a far rinascere un soufflé e ci è riuscito.

Si prepara un composto di verdure e béchamel molto densa, si aggiungono tuorli e albumi a neve ferma in numero maggiore, si cuoce a bagnomaria in stampini individuali: a fine cottura, si sformano i soufflé e si tengono in una pirofila fino al momento di servirli, quando un passaggio in forno (stavolta senza stampo) sarà sufficiente a farli risorgere. Non è un miracolo, nè un intruglio da fattucchiera, ma un esperimento alla portata di tutti.

E vi confesso di aver provato una piacevole sensazione nell’osservare i miei soufflé risollevarsi, la prima volta… Mentre ero lì, col naso a cinque centimetri dal vetro per non perdermi un istante di quell’evento prodigioso, ho pensato che in fondo un soufflé non è solo il podio più alto dell’arte culinaria, ma una metafora di quell’emozionante saliscendi che è la vita.

Ci sono un sacco di situazioni dalle quali non abbiamo mai pensato di riuscire a sollevarci, semplicemente perché ci sembra impossibile e non ci abbiamo mai provato… Chissà quante volte basterebbe osare un po’ per guadagnarsi un’altra possibilità.

Perché, ditemi voi: se una seconda vita terrena è data persino a un soufflé, c’è qualche ragione per cui non dovremmo avercela anche noi?

IL SOUFFLE’ DI ASPARAGI

INGREDIENTI

asparagi: un mazzo
scalogni: 1 grosso o 2 piccoli
porri: mezzo (la parte bianca)
uova: 5 albumi e 3 tuorli
parmigiano grattugiato: 100 gr
pane grattugiato e burro per gli stampi

per la béchamel:
burro: 50 gr
farina: 40 gr
latte: 250 ml
sale
noce moscata

Mondate e sciacquate gli asparagi, fateli a pezzi di 5 cm e scottateli per 3 minuti in acqua bollente appena salata. Scolateli e teneteli da parte.

Mondate, lavate e affettate sottilmente il porro e gli scalogni e fateli andare in una padella per qualche minuto con un filo d’acqua e un pizzico di sale: toglieteli dal fuoco quando sono teneri e leggermente coloriti e avranno assorbito tutto il liquido (devono risultare asciutti).

Mettete tutte le verdure nel robot da cucina, riducetele in crema e pesatene 200 grammi.

Preparate una béchamel molto densa con burro, farina, latte, un pizzico generoso di sale e una grattata di noce moscata. Fate cuocere qualche minuto mescolando in continuazione (sarà molto pastosa), poi lasciate raffreddare rigirando di tanto in tanto.

Quando la salsa sarà tiepida aggiungete i tuorli (uno alla volta), la crema di verdure e il parmigiano.

Accendete il forno a 200°. Imburrate generosamente 4 stampini monoporzione a bordi alti e spolverizzateli di pane grattugiato. Metteteli dentro una pirofila (o una teglia) che li contenga tutti.

Montate a neve fermissima gli albumi (come per delle meringhe): aggiungetene un terzo alla crema di verdure con movimenti ampi dal basso verso l’alto per non smontarli e poi aggiungete il resto, in altre due tornate e sempre con delicatezza.

Distribuite il composto negli stampini, fino a circa un dito dal bordo e facendo in modo di non sporcarlo (sennò non riuscirete a sformare i soufflé). Riempite la teglia di acqua bollente e infornatela subito nel ripiano intermedio. Cuocete per 35-40 minuti: dovete vedere i soufflé ben gonfi e dorati.

A questo punto avete due possibilità: mangiarveli subito (ed è sempre la scelta migliore) oppure conservarli, e allora fate nel modo che segue.

Aspettate 5 minuti, aprite lo sportello delicatamente e lasciate i soufflé ancora qualche minuto in forno. Poi estraeteli, tenendoli ancora 15 minuti nel bagno maria. Sformateli e metteteli in un contenitore a bordi alti con un foglio di carta forno sotto fino a quando non vi servono.

Al momento di servirli rimetteteli in forno caldo a 200° per 15 minuti, o finché non vedete che risorgono… Evitate di perder tempo inginocchiandovi a mani giunte e gridando al miracolo: certe magie durano solo il tempo di un soufflé

——————————-

Grazie a…
Brett (In praise of sardines) ed Elise (Simply Recipes). Dopo aver letto di questo procedimento in vari articoli, è stato grazie ai loro posts che ho trovato il coraggio di provarci, perciò è a loro che penserò, ogni volta che mi troverò a riflettere sulla seconda vita di un soufflé.

Qualche scusabilissimo difetto…
Tenete d’occhio i vostri soufflé durante il secondo passaggio in forno: la resurrezione è sempre evento repentino e dai tempi imprevedibili. Perciò considerate indicativi quelli che ho indicato: ogni forno è diverso… e ogni soufflé pure.
Tirateli fuori appena li vedete rialzarsi e preparate i piatti in anticipo, magari con un letto d’insalata o una ciotola di salsa al formaggio: perché questa seconda cottura, seppure limitata, li rende un po’ più asciutti. Non aspettatevi degli sformati incartapecoriti, questo no… ma se siete degli esperti assaggiatori non potrà sfuggirvi questa lieve e scusabilissima manchevolezza. D’altronde, siamo sinceri: chi non vorrebbe una seconda vita, anche se con qualche difettuccio rispetto alla prima?

Quanto durano i soufflé?
Ho fatto varie prove e i miei soufflé sono risorti a piena vita sia dopo poche ore dalla cottura che dopo mezza giornata. Non ho mai provato a conservarli fino a due giorni, come pare sia possibile fare, perché sono finiti sempre prima. Se qualcuno di voi ci avesse già provato sarebbe davvero interessante sapere com’è andata…

Quanto alla foto…
… fotografare un soufflé non è tra le cose più facili, almeno per me. Perciò potete solo fidarvi se vi racconto che la cupola era davvero a mongolfiera quando li ho estratti dal forno.