Gelatina di melagrana

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gelatina di melagrana

Ça va, Madame?” mi chiede il tassista sbirciando dallo specchietto. “Ça va bien…” rispondo con un filo di voce, premendomi la mano sulla fronte.

La realtà è che ho appena dato una solenne capocciata contro il supporto metallico della cintura di sicurezza. Devo avere qualche problema con i tassisti, io. Questo di oggi non ha frenato: e ha tamponato la macchina davanti.

Ho la testa come un vicolo di Napoli a Capodanno, tutta un’esplosione di petardi e tracchi, ma d’istinto mi volto a controllare il bagagliaio perché è lì che giace il mio bottino: due enormi rotoli di velluto, alti più di me e avvolti in una vezzosa carta azzurrina, sulla quale il negoziante ha amorosamente scritto a pennarello “Velour”… quasi che quel nome bastasse di per sé a indurre chiunque a maneggiarli con cura.

C’erano i saldi stamattina, al reparto velluti del mio fornitore preferito al Marché Saint-Pierre: e non ho opposto resistenza. Dodici color ciclamino-appassito, tre grigio-foglie-di-lavanda, quindici rosso-Barbera. Totale: trenta metri di tonalità irresistibili, di bagliori pronti ad accendersi al primo raggio di sole e capaci di sfumature inattese al calar della sera.

Ci son voluti due commessi per arrotolare tutta quella meraviglia: perché il velluto – mi hanno spiegato – non ama essere piegato. “Vede Madame, bisogna accarezzarlo per tenderlo, ma senza tirarlo troppo: sennò si formano le grinze e lui ne soffre. Perché il velluto, Madame, va trattato… avec amour!

Dall’auto tamponata scende un signore inappuntabile: Borsalino nero, occhiali di tartaruga, e una bellissima carnagione color ebano. “Ha un aspetto civile, ce la caveremo in fretta…” mi dico, mentre chiudo gli occhi e sprofondo nel sedile sognando quelli che saranno i miei divani.
Ma quando li riapro, dieci minuti dopo, siamo ancora lì: al centro di un ingorgo. Il tassista urla, il signore col Borsalino pure e in più gesticola come un ossesso: non è più inappuntabile e ha gli occhiali di traverso. E io ho una specie di prugna stampata sulla fronte.

L’aria gelida mi investe inaspettata e il tassista si affaccia al mio sportello: “Madame, il métro più vicino è a cento metri. In due fermate è in albergo. Sono diciotto euro, s’il vous plaît…”

Sarei più accomodante se non avessi intravisto dietro di lui i miei due rotoli di velluto malamente poggiati al parapetto del ponte, praticamente dentro una pozzanghera e in balia del vento e della neve.
“Lei è matto, Monsieur!” e in un attimo scendo dal taxi prendendoli sottobraccio: uno per parte, non si sa mai dovessero finire nella Senna per una folata improvvisa… Dopodiché mi avvicino a controllare le due auto. Che non hanno assolutamente niente: manco un graffiettino.

“Non mi pare il caso di chiamare la Polizia…” dico al tassista.
“Ma è colpa sua perché ha frenato col verde!” gesticola questi alla volta del tamponato col Borsalino.
“Avrei dovuto investire il cane di quella signora?!? Lo sa che multa mi avrebbero dato?” strilla quell’altro, che ha ormai un occhio sopra e l’altro sotto le lenti.
“Vede, Madame? Io adesso chiamo la Polizia. Così gliela fanno, la multa!”

Ci sarebbe da azzannarli entrambi. Ma l’unico cane in circolazione – quello che ha scatenato questo pandemonio – è indisponibile: scodinzola sul lungo Senna, indifferente alle mie pene, tre passi avanti alla padrona.

Visto da fuori, lo spettacolo di una signora con un bernoccolo color prugna sulla fronte che – avvinghiata a due rotoli di velluto in una tormenta di neve – cerca di dirimere una vertenza automobilistica tra due esagitati dev’essere di una comicità irresistibile: nell’ingorgo c’è persino chi fa delle battute. Peccato che io ci sia dentro, che stia per essere mollata in mezzo alla strada e i miei preziosi trenta metri rischino di divenire inservibili per effetto della neve. Una prospettiva inaccettabile…

“Senta Monsieur, io ho appena traslocato e in questi due pacchi ci sono i miei divani.” Già questo basta a fargli cambiare espressione: è sbigottito.
“Perciò sia gentile, perché ho la casa sottosopra e se non torno con queste stoffe sane e salve il tappezziere non me li potrà fare per Natale. Vuol far passare la notte di Natale in piedi a un’intera famiglia?”

Sono ammutoliti, entrambi. Quello col Borsalino ritrova l’iniziale compostezza e si aggiusta persino gli occhiali sul naso.
“Quindi non solo non prendo il métro, ma rimetto sul taxi i miei pacchi, salutiamo il signore, e lei mi porta in albergo. Senza Polizia ma… avec amour…”
Mi scappa per caso quell’espressione usata dal vellutaio stamattina, e sortisce un effetto insperato. L’innocua signora bernoccoluta si è trasformata in un samurai, brandendo due rotoli di velluto di seta. E loro sono immobili sotto la neve, a bocca aperta.

Metabolizzano rapidamente il prodigio.
Madame – mi fa rassegnato il tassista – è per la sua famiglia che lo faccio…”
Très gentil…” e gli regalo un sorriso: tiratissimo, perché mi si sono congelate le labbra.

Non è stato facile imbarcare quei due rotoli: in aeroporto non c’era macchinario in grado di rivestirli di pellicola. Alla fine, un’addetta dall’animo gentile si è offerta di tagliare a metà due sacche di plastica a quadrettoni bianchi e neri e di incerottarle a spirale con del nastro da pacchi. Il risultato era notevole: si voltavano tutti.

All’arrivo si è avvicinato un finanziere: “Signora, posso chiederle da dove viene e cosa c’è in questi pacchi?”
“Vengo da Parigi e trasporto velluto…”
“Velluto?!?”
“… per i miei divani” e ho sorriso.
“Ha fatto scali intermedi?”
“Non ne avrei avuto la forza… Se vuole che li apra…”
“Non ce n’è bisogno, ma temo che dovrà seguirci lo stesso.”

In effetti, ci sono voluti due giovanotti in divisa per scortarmi all’uscita: senza di loro il carrello con i rotoli non sarebbe mai passato dalle porte scorrevoli.

“Quelli del tuo volo erano già tutti andati via e tu non c’eri – mi ha detto mio marito mentre tornavamo a casa. “Pensavo ti fosse successo qualcosa… Poi ho visto i finanzieri che bloccavano le porte e quegli orribili siluri a scacchi, tutti incerottati: e ho capito che non potevi che essere tu… Ma come hai fatto a trasportarli?”
Avec amour!
“Coosa?!?” e per girarsi a guardarmi si distrae e inchioda a mezzo metro dall’auto davanti.
“Ecco, solo una cortesia ti chiederei: vedi di non tamponare nessuno. Non oggi, almeno…”
Poi sprofondo nel sedile, chiudo gli occhi, e sogno la notte di Natale: tutti seduti sul divano.

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E adesso, Buon Natale a tutti voi: seduti o in piedi che siate, vi auguro di trascorrerlo con quelli che amate. Quanto a me, non basterebbe un post per raccontarvi quanto siano state preziose le tante mail piene di affetto che ho ricevuto in queste lunghe settimane lontana dal blog: siete riusciti a non farmi mai sentire sola. Grazie…

GELATINA DI MELAGRANA

INGREDIENTI

succo di melagrana: 500 gr (ci vorranno circa 5-6 melagrane)
zucchero semolato fine: 120 gr
acqua di fior d’arancio: 3 cucchiai
limone: 1
mela: 1 (di medie dimensioni)

Sciacquate e asciugate le melagrane, tagliatele a metà e spremetele con uno spremiagrumi, come fossero delle arance. Se non riuscite a schiacciare tutti i chicchi, raccogliete quelli che restano a zonzo e strizzateli a mano, stringendoli nel pugno. Filtrate il succo di melagrane con un setaccio fine e pesatene 500 gr.

Spremete il limone, filtratene il succo e aggiungetelo a quello di melagrane. Unitevi 3 cucchiai di acqua di fior d’arancio e lo zucchero e mescolate bene finché non si è dissolto.

Sciacquate la mela e tagliatela in 6-8 spicchi, senza togliere né buccia, né semi. Mettetela in un pentolino, copritela a filo d’acqua e fatela cuocere finché non la sentite tenera (10-15 minuti al massimo).

Raccogliete il liquido di cottura della mela (che dovrà ridursi a circa 6 cucchiai) e aggiungetelo al succo di melagrana.

Mettetelo sul fuoco e fate bollire a fuoco vivace per circa mezz’ora, finché non inizierà ad avere la consistenza di uno sciroppo appena denso (non aspettatevi la consistenza di una marmellata, tanto per intenderci).

Mescolate per far dissolvere la schiuma e poi travasate in un vaso da marmellata (con queste dosi non riuscirete a riempirne più d’uno…). Lasciate raffreddare bene, sigillate con della pellicola, e conservate in frigo.

Solo il giorno dopo riuscirete a capire se la consistenza della vostra gelatina è quella giusta: dipende dalla mela che avete usato e dal tempo di cottura.

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Questa è una gelatina, non una caramella
Non utilizzando aggiunte di pectina, siete voi a dover indovinare il tempo di cottura giusto per la vostra gelatina di melagrane.
Ma se non ce la fate al primo colpo non preoccupatevi: potete rimettere tutto sul fuoco finché non vedete che si addensa ancora un po’. Sappiate che è preferibile lasciarla un po’ fluida se non volete rischiare di ritrovarvi il giorno dopo con una caramella di melagrana formato gigante. Ve lo dico con cognizione di causa: a me è successo due volte…