Chapati

Chapati: il pane indiano senza lievitoChapati: il pane indiano senza lievito http://www.fragoleamerenda.it/author/sabrine/

Chapati: il pane indiano senza lievito

Bollettino dall’Arca (segue dal post precedente):
“Dopo giorni di pioggia battente, il Dilivio Universale 2.0 sembra volgere alla fine. Nuvole lievi colorano l’alba, striando l’orizzonte di rosa e di speranza. L’Arca ferve di vita: è il risveglio a lungo atteso. Forse – suggeriscono boatos dalla stiva – è primavera…

Escono da ogni crepa le formiche, svolazzano i merli e il cane dell’architetto del quarto piano scodinzola come non mai a un bastardello di egual sesso: volevo trovargli una compagna – come da biblico dettato – ma lui s’è scelto questo tipino allegro e nella confusione generale l’ha fatto salire di soppiatto. Sono due cani felici, e tanto basta. Spero solo non gli chiedano i documenti allo sbarco: non si sa mai dove si attracca dopo un Diluvio, e non vorrei che capitassimo nel posto sbagliato…

Sferruzzano a tutto andare le vecchiette: berretti col pon pon per i bambini (c’era molta umidità fino a ieri) e mutande all’uncinetto e a prova di crollo per i ragazzi. Qualcuno ci ha provato ad abbassarsi i pantaloni, ma è stato prontamente dotato di bretelle (anch’esse all’uncinetto) e costretto ad usarle: lo spazio è poco sull’Arca e, non potendo andarsene sbattendo la porta, anche gli adolescenti più riottosi si son fatti mansueti.

Ronzano le api, tranne quella Piaggio modello 1967: ferma sul ponte, se la dividono un paio di bruchi e una coppia di maestri appassionati che, precari, hanno preferito accomodarsi nell’abitacolo per non abituarsi a troppi agi (“Non si sa mai, magari all’attracco non ci ritroviamo più nemmeno la scuola…”).

Giocano con i bambini senza felpe firmate i calciatori di una volta (gli uni e gli altri con divise all’uncinetto, ça va sans dire): partite tese, ma senza parolacce né quelle orrende parole con la kappa che si usano negli sms. E le veline – quelle di carta colorata dei fiorai di Parigi – le abbiamo utilizzate per scriverci poesie: sventolano come bandierine di preghiere tibetane, appese alle sartie con delle mollette da bucato. Parole al vento, ma non per questo inascoltate.

Suonatori d’orchestra, equilibristi e scrittori di favole sono i divi del varietà serale sull’Arca 2.0: i matti saggi siedono in prima fila, vicino ai due scassinatori dall’animo gentile. Tutti mangiano mele, cioccolata, frolle e brioches: perché alla fine le ho imbarcate, le pasticciere del piano di sotto… Ma non ho avuto cuore di lasciar giù i ragazzi spagnoli dell’Erasmus del primo piano: così la fisarmonica suona fino a tarda notte, ma che volete che faccia un po’ di musica in mezzo ai flutti del Diluvio?

C’è molta vita su quest’Arca, e non tutta scorre su strade propriamente ortodosse: forse anche per questo siamo tutti un po’ svitati ma felici. E poiché a terra abbiamo lasciato parecchie convenzioni, è accaduto persino che la coppia di lucertole – con pochi giorni di convivenza e nessun matrimonio alle spalle – abbia adottato il gatto del ballatoio di fronte.

Non sarà facile tornare alle regole pre-Diluvio: i più si preparano allo sbarco recitando mantra e facendo lunghe sedute di training autogeno. Io faccio anche del pane. In tubino nero ma a piedi nudi (i tacchi solo di sera…), mi arrangio come posso: perché nell’Arca 2.0 abbiamo l’adsl ma non il forno. E nella fretta ho infilato nella sacca svariati tipi di farina, ma neppure un grammo di lievito…

Perciò mangiamo questo pane ormai da giorni, ed è con il chapati che vi saluto, in quello che credo sarà il mio ultimo mattino sull’Arca: son qui sul ponte, tra i fili del nostro bucato di poesie, che sventolo focacce calde come fossero bandiere.

Ciao a tutti. E arrivederci a dopodomani… sperando che sia finalmente primavera.”

S.

CHAPATI

INGREDIENTI
(per 6 chapati)

farina bianca 00: 150 gr.
acqua: 100 ml
sale fino: 1/2 cucchiaino
olio extra vergine di oliva: 1 cucchiaino
burro: 30 gr

Mescolate la farina e il sale in una ciotola, versatevi l’acqua tiepida e l’olio e lavorate con un cucchiaio finché non avrete una palla di impasto.

Versate l’impasto sul piano di lavoro e lavoratelo per 5 minuti finché non lo vedete perfettamente liscio e omogeneo (se volete potete dargli le solite 8-9 torciture, ma qui la tecnica di lavorazione non è fondamentale: non deve lievitare, basta che riusciate a farlo diventare liscio ed elastico).

Mettetelo in una ciotola pulita, sigillata con pellicola, e fatelo riposare almeno mezz’ora a temperatura ambiente (ma se vi viene comodo, potete parcheggiarlo in frigo fino a due giorni: basta che lo tiriate fuori con un po’ di anticipo quando lo utilizzerete).

Infarinate il piano di lavoro, rovesciatevi l’impasto e dividetelo in 6 parti uguali: ricavatene altrettante palline, schiacciatele un po’ e infarinatele leggermente. Con il mattarello allargate ciascuna pallina fino ad un diametro di circa 15 cm: spolverizzatele spesso di farina, perché devono venire perfettamente lisce (evitate di farle attaccare al piano o al matterello…)

Quando avrete steso tutti gli chapati, scaldate una pentola antiaderente. Sgrondate una focaccina dall’eccesso di farina e mettetela nella pentola bollente, muovendola circolarmente per non farla attaccare.

Aspettate circa un minuto: quando vedete che si formano delle bolle in superficie girate la focaccia dall’altro lato, cuocetela 30 secondi e poi rigiratela. A questo punto vedrete le bolle d’aria all’interno della focaccia farsi più grandi: con l’aiuto di una spatola in silicone o di un grosso cucchiaio, premetele delicatamente per far sì che l’aria in esse contenuta si distribuisca verso le bolle vicine. In pratica dovete fare in modo che si formi un’unica, grande bolla d’aria all’interno della focaccia, che si gonfierà come un materassino da spiaggia. Fate attenzione: dovete premere con delicatezza, perché se si crea un buco… il vostro materassino non si gonfierà! Continuate sempre a muovere la pentola per non far bruciare il chapati, voltatelo un’altra volta per dargli un po’ di colore, poi disponetelo su un piatto (tranquilli… si sgonfia) e spennellatelo con il burro fuso.

Prima di cuocere la focaccia successiva gettate via la farina bruciacchiata che rimane nella pentola e pulite eventuali residui con un tampone di carta da cucina.

Proseguite fino ad esaurimento delle focaccine e servite subito. Il chapati è buono caldo e appena fatto.

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Un pane semplicissimo
Il chapati è un tipico flat bread, uno di quei pani senza lievito presenti in molte tradizioni culinarie non solo orientali (penso alla carta da musica sarda o alla piadina romagnola, per esempio…). E’ facilissimo e rapido da fare, in meno di un’ora lo mettete in tavola, ed è prezioso per chi ha problemi con il lievito.
E’ perfetto per accompagnare intingoli, verdure e carni a piccoli pezzi (in India serve anche da posata…), ma vi sconsiglio di presentarlo col brasato della domenica se avete a pranzo vostra suocera…
La mia ricetta riporta misure precise, perché di prove ne ho fatte tante e mi sembrava carino mettervene a parte. Ma se anche voi foste in mezzo al mare – magari non su un’Arca ma semplicemente in barca – e non aveste una bilancia e una brocca graduata, potete regolarvi benissimo così: la farina dev’essere il doppio dell’acqua in volume. Vale a dire: due bicchieri di farina, uno di acqua. O due tazze di farina e una di acqua. O due secchi di farina e uno di acqua… dipende solo da quanta gente avete a bordo. Quanto al sale: regolatevi voi. E per l’olio: un cucchiaino ogni dose a “bicchierate”. Più semplice di così…