La torta al cioccolato senza burro

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torta al cioccolato senza burro

Ci sono ricette che hanno una storia da raccontare, e questa è una di quelle. Non è una mia storia – almeno fino al giorno in cui non l’ho provata – ma mi è sembrata così divertente che mi è venuta voglia di raccontarvela.

Ogni storia che si rispetti inizia con una data, un luogo e un nome: ma in questo caso preparatevi a un po’ di confusione… Il nostro “c’era una volta” risale, secondo alcune fonti, agli anni della Grande Depressione, quella figlia della crisi del ’29 che gettò sul lastrico il mondo intero. Altre lo fanno coincidere con gli anni (anch’essi alquanto bui) della prima Guerra Mondiale, e altre ancora con l’epoca dei pionieri e delle loro carovane alla conquista del selvaggio West.

Quale che sia la sua precisa collocazione nel tempo, una cosa è certa: questa è una torta che affonda le sue radici in un momento di gravi difficoltà economiche, tali da imporre uno stile di assoluta sobrietà persino ai più gaudenti. Quanto invece al contesto geografico, beh… quello almeno è ben circoscritto: coincide, senza ombra di dubbio, con i confini degli States.

Così la nostra storia potrebbe iniziare così: “C’era una volta, in America, una strana ricetta di torta che persino un bambino sarebbe stato in grado di preparare. Era fatta di ingredienti semplici e poco costosi, essendo stata inventata per regalare un po’ di dolcezza a grandi e piccoli in tempi di rigorosa austerità. Non c’erano burro, né latte né uova (tutti troppo cari per figurare nella lista della spesa) e nemmeno un po’ di lievito, sostituito da un cucchiaino di bicarbonato fatto reagire con l’aceto.

Se gli ingredienti “basic” erano lo specchio delle contingenze economiche, il metodo di preparazione – la quintessenza della praticità – era stato invece inventato dalle signore pioniere, sempre a corto di utensili nelle loro spartanissime cucine sui carri. A zonzo per sconfinate praterie non è che venisse proprio bene mettersi a lavare ciotole e fruste: così avevano imparato a mescolare tutto direttamente nel recipiente di cottura, senza nemmeno ungerlo preventivamente. Un gioco da ragazzi… se non fosse stato per quel cucchiaio d’aceto, che a contatto col bicarbonato rischiava di esaurire anzitempo il suo potere lievitante.

Ma le signore pioniere, avvezze a fronteggiare con egual tempra gli assalti dei consorti pistoleri e quelli di ululanti torme di Apaches (ardua scelta…), potevano arretrare dinanzi a un’innocua reazione da piccolo chimico? Decisamente no… E infatti s’erano inventate il sistema delle buche, scavate con un dito nella farina per impedire che aceto, olio ed essenza di vaniglia se ne andassero a zonzo per la ciotola mischiandosi al resto con troppo anticipo.

Fu così che la torta fu chiamata “three holes cake”, cioè torta con tre buchi, per via di quel sistema originale. Oppure “wacky cake”, torta stravagante: in omaggio al mix non proprio ortodosso di sale, soda, aceto e cioccolata. Che suona poco convincente – vi capisco – ma le regala leggerezza e morbidezza senza pari.”

torta al cioccolato senza burro

La storia, quella della torta che attraversa le cucine d’America nei periodi di crisi più buia, finisce qui. Per la verità è continuata nella mia cucina, complice il buio imposto da un’interminabile settimana di giornate grigie: ed è stata una piacevole serie di puntate – forse poco epiche ma assolutamente deliziose – al profumo di cacao…

Perciò, anche se la vostra cucina non viaggia su un carro trainato da cavalli e se dalla finestra vedete solo il bucato dei vicini e non i minacciosi profili piumati dei pellerossa, datemi retta: illuminate la vostra giornata con questa torta al cioccolato. Perché non c’è ragione, anche nei momenti più duri, per non concedersi una briciola di dolcezza…

Saluti e baci (un po’ Apache e un po’ Sioux),

S.

LA TORTA AL CIOCCOLATO SENZA BURRO

INGREDIENTI

farina bianca 00: 260 gr
zucchero semolato: 180 gr
cacao amaro: 40 gr
bicarbonato: 1 cucchiaino
sale fino: mezzo cucchiaino
olio di semi di girasole: 5 cucchiai
aceto di mele: 1 cucchiaio
(o un qualsiasi aceto bianco)
acqua: 200 ml

Accendete il forno a 180° e rivestite di carta forno uno stampo da cake (se ne avete uno di quelli un po’ più chiattoni, da pane, va ancora meglio: questa è una torta che non ama viaggiare in altezza…).

Setacciate in una ciotola la farina, il cacao e il bicarbonato. Aggiungete lo zucchero e il sale e date qualche colpetto con una frusta a mano per mescolare bene il tutto.

Livellate alla bell’e meglio la superficie del mix di ingredienti asciutti e preparate una brocca con l’acqua (va bene quella del rubinetto, fredda).

Adesso – e non azzardatevi a ridere, perché è una cosa seria… – fate due buchi sulla superficie degli ingredienti asciutti, distanziati tra loro: uno piccolo (ci deve entrare 1 cucchiaio di aceto, senza fuoriuscirne) e l’altro più grande (ci devono entrare 5 cucchiai d’olio, ma se anche fuoriescono non muore nessuno).

Mettete prima l’olio nel buco più grande, poi l’aceto in quello piccolo, esattamente in questa progressione (non è stregoneria, c’è una ragione che vi spiego più sotto).

Rovesciate l’acqua nella ciotola, tutta in un colpo, e mescolate velocemente con la frusta a mano finché il composto non ha più grumi. Siate rapidi: 20 secondi e non uno di più, se volete che la torta sia davvero sofficissima. Rovesciate nello stampo, livellate e infornate all’istante.

Fate cuocere la torta per 30, massimo 40 minuti (dipende dal vostro forno). Fate attenzione a non seccarla: la superficie dev’essere gommosetta e lucida (proprio brillante, se è opaca, vuol dire che l’avete cotta troppo…). E soprattutto non fatevi venire in mente la prova-stecchino: qui vi porterebbe completamente fuori strada.

Lasciatela raffreddare 5 minuti nello stampo e poi estraetela sollevandola insieme alla carta forno (niente capovolgimenti, please…) e mettetela su una griglia.

Si mantiene morbidissima per 3 giorni, ma difficilmente ha vita tanto lunga (e non a causa degli Apaches o dei Sioux…). Nel caso finisse troppo presto, rifatela senza sensi di colpa.

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Una torta morbisissima a patto che… …non lasciate all’aceto il tempo per reagire con il bicarbonato. Perciò rovesciatelo per ultimo nella sua fossetta e siate rapidi, mescolate lo stretto necessario (non dovete montare nulla, dato che non ci sono né burro né uova) giusto per eliminare i grumi e poi infornate all’istante.

Che fine ha fatto l’essenza di vaniglia? A casa mia è scomparsa, insieme al terzo buco della torta: semplicemente perché non ne faccio uso. Figura tra gli ingredienti della ricetta tradizionale, ma ne potete tranquillamente fare a meno (se non siete dei puristi, di quelli che “o bacca di vaniglia o niente”, potete anche sostituirla con un po’ di vanillina…)

“Wacky cake” à la d’Aubergine Più cacao, meno zucchero, un po’ meno d’olio rispetto all’originale: per me va bene così, è dolce a sufficienza ed è morbida, tanto morbida… In definitiva è una torta al cioccolato che vi potete concedere con più leggerezza, o che potete preparare ai bambini per merenda. A me piace al naturale, senza glasse o farciture, ma nulla vieta che lasciate andare la vostra fantasia al riguardo. Quanto alla tecnica delle signore pioniere “tutto nello stampo”, io non ci ho provato, preferendo ricorrere alla carta forno. Ma non è detto che non possa farlo, un giorno… anche senza fucile a tracolla.

Stampo I fitti scambi di opinione con quelli di voi che si sono appassionati alla storia di questa torta (anche nella dépendance FB della nostra piccola cucina), mi hanno ricordato che qualche indicazione in più sullo stampo da usare forse ci vuole. Comincio con il dirvi che la ricetta originale prevede la cottura in uno stampo quadrato. Io ne ho utilizzato uno da cake, che non è quello classico da 23x7x7 cm alla base, ma uno vintage (ognuno ha le sue debolezze…) un tantino più largo alla base e meno alto (23x9x6 cm). Questo non per maniacalità, ma per rendervi edotti circa il fatto che la torta in questione non ama arrampicarsi su alte e scoscese pareti d’alluminio, preferendo invece espandersi con calma e metodo in perfetto stile altipiano. Mi spiego: non aspettatevi la consueta gobba al centro con tanto di fenditure e di cratere, ma piuttosto un’ordinata sollevazione di tutta la superficie. Il che la rende morbidamente uniforme.