Tapenade di olive nere e fichi secchi

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Tapenade di olive nere e fichi secchi

Io e la tapenade ci frequentiamo ormai da anni,  E’ uno di quegli amori ai quali riservo fedeltà incondizionata e assoluta dedizione. Sono capace di mesi di astinenza quando è lontana: brucio di desiderio, ma non cedo.
Non la definirei una storia clandestina: lascio che altri ci vedano e godano della nostra compagnia. Ma resta il fatto che vado sempre io a trovarla: perché la tapenade che per me è la migliore, quella per la quale impazzisco e che mi fa girar la testa manco fosse champagne, me la vende un gioviale signore con un grembiulone bianco in un mercato della domenica nel sud della Francia.

La vedo da lontano – la riconosco tra catini di olive, trecce d’aglio rosa e sacchi di spezie d’ogni sorta – e già fremo per il piacere dell’attesa. Non conservandosi a lungo, perché non è in barattolo, posso comprarne solo modeste quantità: così le nostre frequentazioni sono brevi e tanto intense da rendere più acuto il rimpianto quando ci separiamo…

Il mio è un amore così sfacciato che persino mio marito se n’è accorto: e – forse per malcelata gelosia – ha provato a regalarmi vasetti d’importazione (anche di un certo pregio, per la verità) tentando di indurmi al tradimento.
“Ma sarà mai possibile che l’unica tapenade che ti va bene la venda quella bancarella a righe?” mi ha detto l’ultima volta esasperato. “Non è l’unica che mi va bene: è che quella ha qualcosa di diverso… Sono tutti quei sacchi aperti di spezie che la circondano: a seconda di come tira il vento, la tapenade si insaporisce”.
Non so come mi sia venuta: l’ho buttata lì con nonchalance. Ma la teoria dell’insaporimento per via aerea ha colpito nel segno. Me ne sono accorta mentre facevamo la fila, davanti a quella tenda a righe bianche e rosse: guardava estasiato le spezie, si informava sul loro uso, sui possibili abbinamenti, l’ho persino sorpreso a sniffare di soppiatto un paio di sacchi in posizione defilata…

Al momento di trovare un posto in macchina a quel prezioso pacchetto io ero inginocchiata sotto una bancarella in compagnia di un venditore di secchi di zinco: dovevamo sceglierne un paio senza buchi per metterci i miei limoni sul terrazzo. Così è stato mio marito a collocare la tapenade in un posto, a detta sua, perfetto.
“Ho sistemato tutto a incastro, non c’è bisogno che controlli!” mi ha detto trionfante vedendomi arrivare con due catini ammaccati sottobraccio. E siccome era un’impresa trovare un posto anche a quelle mie ultime trouvailles in una macchina che già conteneva due tavolini, uno specchio, una poltrona, due vecchie scatole di legno e un’indefinita ma cospicua quantità di polvere e di tarli, mi sono accasciata fiduciosa sul sedile e mi sono addormentata.

Sembra impossibile, dopo la mia dichiarazione d’amore: ma io di quella tapenade mi sono completamente dimenticata. E mio marito pure. Arrivati a casa, abbiamo scaricato tutto tranne quelle due scatole di legno che provenivano da una merceria parigina. E che sono finite per errore dal restauratore, assieme a un paio di sedie…

Ricevo una telefonata, una mattina, proprio da questo artigiano, che costringo sempre sotto minaccia a non tingermi i mobili di scuro perché mi piace che si vedano i segni del tempo. “Scusi signora, ma siccome lei non vuole mai che glieli scurisca volevo sapere se quella vaschetta di cera col mordente che mi ha mandato dentro la scatola di legno la devo usare tutta: perché nel caso, penso che sia andata a male, ha fatto un po’ di muffa e manda un odore strano…”.

Folgorata: dal dolore per non aver goduto di quell’acquisto atteso a lungo. E atterrita: all’idea di ritrovarmi le sedie lucidate a tapenade spargere i loro effluvi d’olive e d’aglio nel mio salone per gli anni a venire. Quando sono arrivata al laboratorio, la discussione su quel prodotto per restauro mai visto prima – e per di più francese – aveva coinvolto persino il tabaccaio. “Ecco cosa succede a passare per una originale, a predicare l’uso di prodotti naturali che nessuno qui conosce: si rischia che ti scambino per cera un pastrocchio decomposto!” ridevo tra me e me tornando a casa.

Le mie sedie sono in salone, ripulite ma con tutte le rughe al loro posto. Le scatole da merceria le ho sistemate io: è bastata una passata di cera (d’api… al profumo di miele).

Mi è rimasto un solo rimpianto: non avere assaggiato quella tapenade, insaporita per via aerea di chissà quali spezie e profumi. Era un giorno di mistral: e sottovento c’erano curcuma, anice e coriandolo…

S.

TAPENADE DI OLIVE NERE E FICHI SECCHI

INGREDIENTI
(per una ciotolina)

olive nere: 100 gr (al netto dei noccioli)
fichi secchi: 4
prugne secche: 2 (di quelle morbide)
succo di limone: 3 cucchiai (circa 1/2 limone)
aglio: 1/2 spicchio
erba cipollina fresca: 2 cucchiai (più un po’ per guarnire)
pomodori secchi sott’olio: 2
olio extra vergine di oliva: 1 cucchiaio
acqua: 3 cucchiai
sale

Premessa: la tapenade andrebbe fatta con un giorno d’anticipo. Lasciata lì almeno 12 ore i sapori e i profumi “si assestano” ed è tutta un’altra cosa…

Mezz’ora prima di cominciare mettete a bagno i fichi secchi in mezza tazza d’acqua tiepida.

Private le olive del nocciolo con un coltellino. Fate a pezzetti le prugne (e togliete ovviamente il nocciolo se non usate quelle denocciolate…). Sgrondate dell’olio e fate a pezzetti i pomodori secchi (se invece usate quelli sotto sale, risciacquateli e strizzateli).

Pelate lo spicchio d’aglio, privatelo dell’anima verde (se ce l’ha), sciacquatelo e asciugatelo. Lavate e asciugate l’erba cipollina e tagliatela a tronchetti di 3 mm con le forbici. Spremete il succo di mezzo limone.

Togliete i fichi dall’acqua, strizzateli, privateli del picciolo e fateli a pezzetti.

Mettete nel bicchierone del minipimer olive, fichi, prugne, aglio, pomodori secchi, 3 cucchiai di succo di limone, 3 di acqua e 1 di olio extra vergine di oliva, e mescolate con un cucchiaio per amalgamare il tutto (vi servirà a ridurre al minimo il tempo di lavorazione con il minipimer).

Azionate il minipimer per pochi secondi a più riprese, per ottenere un composto a grana piuttosto grossa (dovrete poter distinguere i vari sapori, non vi serve un paté…).

Aggiustate di sale solo se ce n’è bisogno (molto dipenderà dalle olive e dai pomodori che utilizzate) e aggiungete infine l’erba cipollina, azionando il minipimer per un paio di secondi (l’erba cipollina ridotta in poltiglia è una ciofeca…).

Tenete la vostra tapenade in frigo, in un contenitore di vetro (o di ceramica) sigillato con pellicola, fino al momento di utilizzarla. Tiratela fuori in anticipo: è migliore a temperatura ambiente. Dura qualche giorno, ma in genere il problema della conservazione non si pone (almeno a casa nostra…). In ogni caso, non fatela invecchiare troppo: altrimenti non potrete più usarla nemmeno per lucidare i mobili…

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Mr. Lebovitz & M.me d’Aubergine: tapenade a quattro mani
E’ stato dopo la triste scomparsa di quella vaschetta che mi sono convinta a fare la tapenade in casa, rielaborando una ricetta di fonte provenzale con altre trovate qua e là. L’ho fatta per un po’ di tempo con olive e prugne secche, finché non mi sono imbattuta nella versione di David Lebovitz, che usa invece i fichi. Ho raccolto al volo l’ispirazione e modificato un po’ la mia ricetta, che adesso somiglia anche alla sua: ci dividono ancora il prezzemolo, il rosmarino, i capperi, la senape e forse anche qualcos’altro… Ma insomma, gli sono debitrice dei fichi secchi: e ci tenevo a dirvelo…

Quali olive? Le migliori che possiate trovare…
Questa è una crema fin troppo semplice. Ma non cercate scorciatoie, del tipo olive denocciolate che sembrano cartone e non sanno di nulla. Cercate le olive migliori: possibilmente quelle “toste”, amarognole e pungenti, oppure quelle greche. Semplici olive nere col nocciolo (che toglierete pazientemente voi) ma che abbiano personalità. Se non ce le avete, o non avete voglia di andarvele a cercare, cambiate genere: una tapenade con le olive così così non merita neppure di essere fatta. Né di venir raccontata…