Panini al malto d’orzo

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La panificazione casalinga è una delle attività che più mi gratificano in cucina. Beninteso: il pane si può anche comprare. Ma se vi abituate al profumo, al sapore delle farine buone, alla varietà infinita di combinazioni tra ingredienti… beh, sarà molto difficile che riusciate a tornare sui vostri passi.

Il pane è un alimento tanto antico e tanto semplice, che ci sarebbe da chiedersi come abbiano potuto convincerci che sia complicato da fare… Io non possiedo neppure una macchina del pane: impasto a mano e mi diverto.

Ma non sono uno di quei panificatori casalinghi d’alto lignaggio, dotati di lievito madre: con la vita che faccio – un po’ qua un po’ là – non mi sento ancora pronta all’adozione. Perché dovrei curarlo come un pargolo, rinfrescarlo e arrabbiarmi se al mio ritorno lo trovo stecchito per mancanza di cure…

Perciò uso il lievito di birra: qualche purista storcerà il naso – e io glielo lascio fare – ma la praticità è nel mio caso impagabile. Decido, a seconda di quel che voglio mettere in tavola, quale tipo di pane fare: perché non avrò la pasta madre in frigo, ma almeno dieci tipi di farine in dispensa ce li ho sempre. Grano tenero (zero, doppio zero, integrale), manitoba, grano duro, semola più o meno fine, grano saraceno, segale, avena, mais, castagne, ceci, riso, kamut… e potrei continuare.

Se sono all’estero, finisco inevitabilmente per infilarmi in un supermercato e curiosare tra le farine. Ovviamente devo poi infilarmele in valigia, con tutti i rischi che la situazione comporta.

Il problema non è tanto imbarcarne pacchi interi: il massimo che mi può succedere è di presentarmi a un matrimonio con un abito di seta blu lievemente sfumato di bianco. La vera tragedia è quando scopro farine così speciali, che decido di portarmene un po’ da una casa all’altra. Allora preparo dei sacchettini per surgelati, graziosamente annodati e senza etichetta: perché ormai, come gli spacciatori di mestiere, io le farine le riconosco dal profumo e dal sapore. Ho la certezza di essere già segnalata come nota trafficante. C’è un finanziere, in un aeroporto che frequento abitualmente, che ormai mi saluta persino da lontano… deve aver capito che in fondo sono innocua.

Le cose cambiano quando coinvolgo in questa attività borderline il mio povero marito, che viaggia in gessato blu e ventiquattr’ore. L’ultima volta, davanti a ben cinque sacchettini da sistemare in mezzo a carte e documenti da persona seria, ha opposto una certa resistenza: “Scordati che lo faccia ancora, eh?!? Ma chi vuoi che ci creda che è farina! E ti avverto: al primo accenno di storie, lascio tutto lì e m’imbarco senza!”

Detto fra noi: non è che avesse tutti i torti… Eppure è sbarcato indenne, con farine al seguito. Non escludo che in tutto questo abbia avuto una parte quel caro finanziere: lo avrà adocchiato da lontano e avrà capito che non poteva che essere lui, il marito di quella squinternata che viaggia con la sacca piena di innocue polverine bianche…

 

PANINI AL MALTO D’ORZO

INGREDIENTI

farina Manitoba: 300 gr
farina bianca 00: 200 gr
latte: 250 ml
burro: 30 gr
malto d’orzo: 3 cucchiai
malto da panettiere: 1 cucchiaio
uova: 1 (solo il tuorlo)
lievito di birra: 25 gr (un cubetto)
sale fino: 1/2 cucchiaino

Fate il burro a piccoli pezzi e lasciatelo a temperatura ambiente.

Scaldate il latte e stemperatevi il malto d’orzo. Quando sarà tiepido aggiungete il lievito, mescolate bene per farlo dissolvere completamente, e poi lasciatelo riposare 15-20 minuti, finché non si forma una schiuma molto compatta (dovete utilizzare un recipiente sufficientemente grande se non volete che la schiuma se ne vada a spasso per la cucina…).

Miscelate in una grande ciotola le farine, il malto da panettiere, il sale e i fiocchetti di burro, e fate una fossetta al centro.

Mescolate velocemente il latte con il lievito per riattivarlo (la schiuma salirà ancora), poi versatelo nella ciotola sbattendo con un cucchiaio per incorporare la farina un po’ alla volta. Quando non riuscirete più a lavorare con il cucchiaio, passate alle mani e verificate se vi serve dell’altro liquido: dovete ottenere un impasto sodo ma morbido, che si possa lavorare senza che vi resti appiccicato alle mani, per cui aggiungete eventualmente altro latte o acqua tiepida un cucchiaio alla volta.

Lavorate l’impasto per non più di 10 minuti (le solite 8-9 torciture), e sbattetelo con forza sul piano di lavoro per 4-5 volte a metà lavorazione.

Poi rimettetelo nella ciotola lavata, ungetelo con mezzo cucchiaino d’olio (per non farlo seccare), sigillate con la pellicola e mettetelo a riposare in un luogo tiepido finché non raddoppia di volume (i tempi dipendono dalla temperatura della stanza: ci vorrrà da un’ora a un’ora e mezza).

Accendete il forno al massimo e foderate di carta forno una teglia da biscotti. Quando l’impasto sarà lievitato, rovesciatelo sul piano di lavoro senza rilavorarlo, e formate dei panini: questo è il mio intreccio preferito, ma potete dar loro la forma che volete.

Metteteli a lievitare nella teglia, senza coprirli (sennò si schiacciano…) ma al riparo da correnti, per almeno altri 30 minuti (devono raggiungere la dimensione definitiva).

Nel frattempo sbattete il tuorlo con un po’ di latte (diluitelo parecchio, sennò l’uovo forma una crosticina in cottura che appesantisce l’impasto) e utilizzatelo per spennellare i panini, con molta delicatezza, un attimo prima di infornarli.

Cuoceteli per pochi minuti (7-10… dipende dal vostro forno) alla massima temperatura: tirateli fuori dal forno appena li vedete dorati.

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Dei tempi di cottura (sì, ancora…)
I panini soffici vanno cotti alla massima temperatura e per pochi minuti: se li tenete in forno più del dovuto diventano duri. Per cui estraeteli non appena vedete che sono del colore giusto e fateli asciugare nella loro teglia o – meglio ancora – su una gratella da pasticciere: in questo modo l’umidità residua potrà evaporare e non formerà condensa.

Panini al malto e…
Affettati vari, burro e marmellata, burro salato da solo, formaggi… questi panini semidolci vanno bene con tutto. Perché il malto dà loro un profumo particolare e un sapore niente affatto stucchevole. Sono così buoni che si possono mangiare anche da soli: e sono una di quelle merende da scuola graditissime ai bambini (potete surgelarli e infilarli in cartella appena tirati fuori dal freezer: per l’ora di ricreazione saranno perfetti…)