Pane marocchino

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Non finirò mai di ripetere quanto la panificazione casalinga sia per me gratificante. Impastare mi rilassa, ed è per questo che non ho alcuna intenzione di comprare una macchina del pane. Mentre son lì, con le mani affondate nell’impasto, mille pensieri mi attraversano la testa: ripasso l’agenda del giorno dopo, faccio la lista della spesa, rifletto sulle ultime letture. Il mio cervello galleggia leggero nell’aria, cullato dal ritmo regolare di pieghe e torciture come se dondolasse in un’amaca: in uno stato di rilassata concentrazione che mi consente di far fluire idee e progetti.

Non c’è nulla che riesca a distrarmi da questo piacevolissimo stato di trance… nulla, a parte il telefono. Tutti sanno in famiglia della mia idiosincrasia per l’apparecchio, che ha dato vita negli anni a una fenomenologia ampia e variegata: se uso il cordless lo lascio dove non mi ricordo, se invece lo tengo sull’apposito supporto sopra la scrivania intreccio i piedi nel cavo e lo faccio cadere (ormai è tutto rattoppato e se lo si scuote suona come se avesse dei sassolini dentro). Quanto al cellulare, dopo averne posseduto per anni uno di terza mano ho investito ben 29 euro l’estate scorsa in un modello un po’ più al passo con i tempi. Il negoziante non me lo voleva vendere: “Signora, per lei non va bene! Non fa nemmeno le foto…” mi diceva. “Ma io ci devo telefonare: e le dico che invece va benissimo…”.

Così – giusto per tornare all’argomento del post visto che questo sarebbe anche un blog di cucina – non è infrequente che qualcuno, telefonando a casa nostra, si senta rispondere da mia figlia: “Mamma non gliela posso passare: sta facendo il pane…” Mentre oramai gli amici più cari esordiscono alla cornetta con un: “Puoi parlare o hai le mani in qualche impasto?”

Finisce, il più delle volte, che io mi giustifichi per il fatto di essere indisponibile spiegando perché non posso mollare l’impasto in quel momento. Sicché la conversazione successiva – in genere durante i tempi morti della lievitazione – parte da dove si era interrotta la precedente: cioè proprio da quel pane. E a forza di spacciare dosi e ricette, di chiacchierar di glutine e di lieviti, finisce imprigionato dentro il cavo del telefono pure quel rilassante impastare: e il mio cervello scende dall’amaca…

Solo in alcuni casi non richiamo a stretto giro di posta: ed è quando i tempi di lievitazione sono così brevi da lasciarmi giusto il tempo di preparare la cena.

Dopo il chapati, uno dei pani veloci che faccio spesso è questo pane marocchino, che finisce in padella esattamente come il parente indiano. Si impasta a mano in una grande ciotola (le donne marocchine pare utilizzino il fondo della tajine per questo), si mette in forma, si lascia lievitare mezz’ora e poi si cuoce.

E’ rapido, facile (qua non dovete nemmeno preoccuparvi delle bolle d’aria…) ed è pure buono. Ha una consistenza morbida all’interno e una crosta sottile, leggermente croccante. E’ migliore se lo mangiate subito, finché è caldo, anche se ha vita più lunga del chapati: dopo qualche ora regge ancora bene, ma non è più lo stesso. E’ ideale per tutti i sughi e quegli intingoli un po’ speziati che accompagnano certi piatti nordafricani e mediorientali: tajine di carne e di verdure, hummus, caviale di melanzane ci vanno a nozze. E pure con la tapenade di olive e fichi secchi è buonissimo. Ma non fatevi venire in mente strane idee: la ricetta del kebab fatto in casa non ce l’ho…

E adesso vi prego di scusarmi: sta squillando il telefono e sono solo le nove di mattina: non posso mica inventarmi che sto facendo il pane…

Saluti e baci,

S.

PANE MAROCCHINO

INGREDIENTI
(per 4 pani)

farina bianca 00: 320 gr
acqua: 170 ml
lievito di birra: un cubetto
sale fino: 1 cucchiaino
tempo di preparazione: 1 ora e mezza

Fate intiepidire l’acqua. Miscelate la farina e il sale in una grande ciotola, sbriciolate al centro il lievito di birra e versatevi l’acqua. Mescolate con un cucchiaio e poi, quando non ci riuscite più passate alle mani.

Scordatevi il solito discorso sulle torciture: qui non serve. Basta che lavoriate l’impasto dentro la ciotola con una sola mano (con l’altra la tenete ferma…). Inizialmente stringetelo tra le dita per compattarlo, poi sollevatelo per un lembo e riabbassandolo affondatevi il pugno spingendo con le nocche verso l’esterno finché non ve lo ritrovate sotto il polso… fidatevi: molto più difficile a dirsi che a farsi. Ripetete il movimento facendo girare l’impasto di 90° prima del successivo.

Andate avanti così per 10-15 minuti, finché non lo vedete liscio e omogeneo. Potreste aver bisogno di un po’ d’acqua in più: nel caso, aggiungetela un cucchiaio per volta (ma non esagerate perché questo è un impasto piuttosto sostenuto).

Dividete l’impasto in quattro parti uguali dalle quali ricaverete altrettante palline. Appiattitele con le mani sul piano di lavoro infarinato (usate le quattro dita unite per allargarle e dar loro forma circolare) e ricavatene delle focaccine di circa 15 cm di diametro. Spolverizzatele appena di farina e copritele con un canovaccio (o della pellicola per alimenti infarinata, come faccio io…).

Lasciate lievitare le focaccine in un luogo caldo per 30 minuti (va bene la cucina se ci state lavorando o c’è il forno acceso, oppure vicino a un termosifone se è inverno).

Quando saranno pronte, fate scaldare una padella antiaderente e cuocetele a fuoco moderato 4-5 minuti per parte (tra una focaccia e l’altra, eliminate l’eventuale residuo di farina dalla padella con un pezzo di carta da cucina).

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Grazie a…
…Lilo, di Cuisine Campagne, per la ricetta di questo pane veloce che ormai fa parte del mio repertorio da un bel po’ di tempo. Diciamo che mi è così familiare, che stamattina per la fretta ho dimenticato di scrivere questa doverosa nota. Me ne sono accorta solo ora (10.6.2010 h.18.00) grazie al commento di Federica sulla quantità di lievito in questo impasto.
Mi scuso con Lilo (che probabilmente non lo saprà mai…) ma anche con i lettori e tutti coloro che hanno commentato fino a questo momento: non è mia abitudine omettere gli autori delle ricette che sperimento, e sono davvero rammaricata. Non ho apportato modifiche alla ricetta originale, se non un adeguamento nelle quantità degli ingredienti, che mi consente di usare un intero cubetto di lievito per volta.
Grazie ancora a Lilo, per il suo bellissimo blog, e a tutti voi, per la comprensione.