Il mio pandoro di brioche: sfida di Natale

pandoro di Natalepandoro di Natale http://www.fragoleamerenda.it/author/sabrine/

pandoro di pasta brioche

Forse questa non è esattamente una ricetta. Diciamo che è la cronaca di un’avventura dagli esiti commestibili a metà, ma poco importa: perché non era questo il senso della sfida.

Mi rendo conto che la cosa non risulti facilmente comprensibile, ma mettiamola così: quando si avvicina il Natale – da un certo numero di anni a questa parte – ho bisogno di cimentarmi in un’impresa dagli esiti incerti. In genere è un corpo a corpo con un impasto di quelli a lunghissima lievitazione, il che non sarebbe da me: non ho mai adottato nemmeno un pezzo di pasta madre, con la scusa che di figli ne ho già due e non ho bisogno di un infante viziato in frigorifero. Ma questo esercizio di impegno e di attesa mi serve a non dimenticare che le avventure più belle sono quelle in cui non è scontato vincere.

C’era una ricetta che giaceva da tempo sul fondo del mio archivio-teiera-di-latta, senza riuscire a trovare la strada del forno. Io adoro le brioches ma un impasto con cinquanta uova (sì, cinquanta…) mi pareva sempre ben al di là della mia portata! Finché una mattina ho deciso che era giunto il momento di guardare a quel foglietto da un’altra prospettiva: ho buttato giù la mia matrice a tre colonne e ho rifatto le proporzioni. Non è che quadrasse proprio tutto, ma ci ho voluo provare lo stesso.

tuorli e zucchero

La signora T. era stata chiarissima, al riguardo: “Non ci provi da sola! Mia madre si fa aiutare da mio padre, a montare gli albumi… E poi l’impasto è appiccicoso.” Ma Monsieur d’Aubergine non era disponibile quella mattina (e in ogni caso non avrebbe mai l’ardire di affrontare un impasto appiccicoso…). Perciò sarebbe stata proprio questa – quest’anno – la mia sfida di Natale. Magari con una quantità di uova decisamente inferiore…

Ho scelto una giornata che dalla luce non pareva nemmeno Dicembre, ma gelida abbastanza per rendere le cose più difficili (lo sanno anche i bambini che i lievitati amano il tepore). Ho preparato il lievito, montato a neve ferma gli albumi con lo zucchero, e ho atteso i primi segni di effervescenza nella ciotola: una meravigliosa lava, in varie sfumature di bianco, ribolliva nel cratere di farina. Poi ho impastato, ungendomi le mani di burro come mi aveva raccomandato la signora T.: l’impasto era appiccicoso, ma quando l’ho rimesso nella ciotola era docile, liscio e lucente… la promessa di una perfetta brioche.

albumi come neve

E’ stato a quel punto che la piccola dose quotidiana di accidenti karmici si è concentrata nella mia cucina.

Prima la portinaia, per una consulenza di décor nell’androne. Squillo prolungato al citofono: “Signoraaa! Ma a lei ‘sto Babb’enatal ci piace appeso, oppure coi piedi per terra?”
“Direi coi piedi per terra…”
“E allora scenda, perch’io posto in piedi qua non ce n’ho: sennò dove lo metto il Bambinello?…”

Poi la sussiegosa signora del secondo piano.
Squillo alla porta delicatissimo, ma sommamente antipatico: “Avrei da farle firmare una petizione contro i barboni che ballano il tango la notte, qua sotto…”
“Ballano anche d’inverno?”
Sbattuta di ciglia, un po’ seccata: “No, però se non ci portiamo avanti finiremo circondati.”
“Non è così male essere circondati da ballerini!”
Alzata di sopracciglia, irritata: “Lei li chiama ballerini, io barboni: non cambia.”
“Ma sa che ha ragione? Non cambia: a me non danno fastidio né le persone che dormono sotto i portici, né quelle che ballano. E poi adoro il tango…” e a quel punto – solo a quel punto – ho sorriso (confesso: con una faccia da schiaffi).

Infine la nonna, via cavo, nella sua versione in assoluto più pericolosa. Driiin!
“Volevo annunciarti una novità: ho appena comprato un iPad!”
“Mamma… era proprio così urgente?” ho risposto sapendo già cosa mi attendeva.
“Certo! Non posso mica partire per due settimane e tirarmi dietro quel catorcio del portatile: lo sportello ha perso una vite e non ne trovo una uguale…”

Mia madre ha una visione molto particolare di tutto ciò che è high-tech: per esempio pensa che un “hard disk” sia – per l’appunto – “hard“, cioè in grado di reggere a rovinose cadute dal divano. Quando le fratture sono evidenti (che so, un distacco di video dalla tastiera) le cose si aggiustano secondo lei a colpi di cacciavite. E per fortuna non possiede un trapano…
“Allora hai fatto bene. Piuttosto, funziona tutto?”
“Veramente non mi partono le mail. Ma magari tu sai come si fa…”
“Mamma, io non ho un iPad! Ma tu le hai lette le istruzioni?” ho azzardato con mal dissimulata angoscia.
“Ancora con questa storia? Ti è venuta una vera fissazione… lo sai che non mi piace leggerle.”

Le istruzioni di elettrodomestici & affini sono un genere letterario che mia madre non prende nemmeno in considerazione: da sempre – non si sa perché – delega me.
Mi sono fatta declamare per telefono l’indice e un paio di capitoli, prima di capire che il problema non era imputabile – almeno questa volta – a problematiche “hard“: nel contratto per la connessione che aveva appena sottoscritto si precisava che l’attivazione sarebbe avvenuta entro 48 ore.

Quando finalmente sono tornata in cucina, il mio impasto aveva già atteso fin troppo. Peccato che io dovessi scappare, per non farmi attendere a un appuntamento. Non avevo alternative: l’ho infilato in frigorifero.

La mattina successiva, al risveglio da quel sonno ibernatore, era tutto intirizzito… diciamo pure mezzo tramortito dal freddo. Però è lievitato a perfezione quando l’ho messo in forma, secondo le prescrizioni della signora T.: una bella pagnottona e tutt’intorno una treccia, per sostenere una cremosa copertura di ricotta, zucchero e uova.
Era così bella quella crema, e così buona – mangiata a ditate (ooops! m’è scappato…) – che devo avere esagerato. Ho visto una meravigliosa cupola alzarsi dentro il forno e poi miseramente sprofondare, man mano che si raffreddava. In questi casi – quando cioè una brioche è tutt’altro che “soft” – la causa è quasi sempre di natura “hard“. Nel caso di specie, la cupola è collassata per evidente sovrappeso dell’intonaco a base di crema (perdonerete – ma immagino comprendiate – i paragoni paraedili… ).

Un pandoro di pasta brioche

A salvarmi dal senso di totale scoramente è stato quell’avanzo d’impasto che stavo quasi per buttare, tanto era piccolo. L’ho messo in uno stampo che non uso mai perché non mi piacciono tanto quelli di silicone, ma che – date le circostanze – mi è parso l’unica soluzione ai miei problemi: un piano B assolutamente di ripiego.
Mentre vedevo quei due piccoli pandori gonfiarsi in forno come altrettante mongolfiere pensavo che ci vuole sempre un piano di riserva, qualunque cosa accada. Perché non solo non si può sempre vincere, ma addirittura non è necessario. A volte, basta non perdere…

christmas morning

Lo so, detto così sembra uno di quei filosofeggiamenti a vuoto che paiono fatti per darsi delle arie a buon mercato. E invece ci sono momenti nella vita in cui certe sottili distinzioni fanno la differenza: una sostanziale differenza. Perciò non me la sono presa più di tanto per quella brioche sprofondata e niente affatto commestibile (era irrimediabilmente cruda, all’interno). C’erano quei piccoli avanzi dalla silhouette di stella che per me valevano un tesoro.

Così abbiate pazienza se vi confesso che questa non è una vera ricetta di pandoro: è un semplice impasto da brioche, che del pandoro ha giusto la forma e quella spolveratina di zucchero a velo sulla testa… e, ad essere sinceri, nulla di tutto ciò era tra gli esiti prevedibili quando è iniziata questa storia. Che, dal mio personalissimo punto di vista, è stata bella lo stesso, come ogni Natale. Perché quando certe avventure si riesce a non perderle c’è un solo modo per festeggiare: essere grati alla vita, e assaporarla fino in fondo. Fino all’ultima briciola…

Pandoro di Natale

IL MIO PANDORO DI BRIOCHE

INGREDIENTI

farina Manitoba: 350 gr
farina bianca 00:
150 gr
sale fino:
un pizzichino
latte:
150 ml
uova:
3
burro:
80 gr
zucchero:
80 gr
lievito di birra:
25 gr (1 cubetto)

Mettete le farine e il sale in una grande ciotola e mescolatele bene con una frusta a mano.

Fate intiepidire il latte, scioglietevi 1 cucchiaino di zucchero e il lievito e mescolate bene. Aggiungete 3 bei cucchiai di farina presi dal totale, mescolate finché non avete un composto denso e liscio e lasciatelo riposare in un luogo riparato per una decina di minuti. Non rispondete al telefono (soprattutto se avete una nonna a rischio acquisto di iPad) perché la miscela è particolarmente effervescente…

Sgusciate le uova e separate i tuorli dagli albumi. Montate questi ultimi a neve con tre quarti dello zucchero.

Fate una fossetta nella farina, versatevi il lievito e poi gli albumi montati. Coprite con un velo di farina (senza rompere il “cratere”) e lasciate riposare per 10 minuti. A questo punto aggiungete nella ciotola i tuorli lavorati con lo zucchero restante, e il burro fuso e fatto raffreddare.

Lavorate l’impasto – inizialmente con un cucchiaio e poi a mano – dentro la ciotola. Poi rovesciatelo sul piano di lavoro e dategli 10, anche 12, belle torciture (e ricordatevi di sbatterlo con forza sul piano, più o meno a metà lavorazione). Poi rimettetelo nella ciotola pulita e unta di burro, sigillate con la pellicola, e fate lievitare in un posticino riparato finché non è raddoppiato di volume.

Accendete il forno a 220° e preparate le brioches della forma che volete: anche se non avete uno stampo per piccoli pandori, ci sono svariate altre opzioni. Detto in altri termini: fate in modo di avere almeno un piano B.

Lasciatele lievitare per circa un quarto d’ora (ma se ne fate di più grandi, allungate i tempi) e poi infornate per 10, 15 minuti al massimo. Devono essere appena appena dorate, per restare morbide all’interno.

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La treccia con crema di ricotta..
… verrà sicuramente replicata, prima del prossimo Natale. Nel caso in cui la cupola dovesse reggere al peso dell’intonaco, sarete i primi a saperlo. Ovviamente con ricetta nelle adeguate proporzioni.

Magie di Natale
Grazie ad A., che per la seconda volta ha voluto impastare con me – a cucine unificate, anche se a centinaia di chilometri di distanza – in questa occasione. Lei è rimasta colpita da un post (che fatico sempre un po’ a rileggere) io dalla sua voglia di condividere. Magico potere di un piccolo blog… e del Natale.