Il pane dolce di kaki con noci e nocciole

http://www.fragoleamerenda.it/author/sabrine/

Pane dolce di kaki con noci e nocciole

Sciaf!! … scusate, è una zanzara… Non so come mi sia venuto in mente oggi di pensare che fosse autunno. Ho osato tenere aperta la finestra della cucina mentre il forno andava a tutto gas e un inatteso profumo si spargeva per la casa. Ho osato guardare il tramonto sui tetti, le cornacchie che andavano a dormire, le luci che piano piano si accendevano e le nuvole che si facevano grigie e anche un po’ rosa: tutto senza l’odioso filtro della zanzariera.

Detesto guardare il mondo da dietro una rete: fosse anche una retina quasi invisibile che sta lì per tenere a bada delle odiose creature alle quali in una vita precedente devo aver fatto qualcosa. Non c’è altra spiegazione per l’accanimento con il quale mi prendono di mira… Sciaff!!

Il risultato è che sono qui, all’alba, a scrivere un post color kaki mentre un pungiglione assassino mi perseguita: tanto mi è costato un tramonto senza veli. Ma la storia della mia ultima scoperta ve la devo proprio raccontare.

Il kaki è un frutto che a me ha sempre fatto un certo senso: da vedere, prima ancora che da mangiare… o da veder mangiare. Tutta quella roba molliccia e filamentosa, quella bava arancione… no, non fa per me. Lo adora invece mio marito – sciaff!! – che non si capacita di come io possa definire “bavoso” il kaki e riesca invece a mangiare le lumache.
“Quelle sì che sono bavose per davvero!”
“Però si mangiano cotte: il giorno in cui potrò mangiare un kaki cotto ne riparleremo.”

La storia va avanti così da sempre: io i kaki non li compro, perché non piacciono a nessuno fuorché a lui e poi è impossibile trasportarli fino a casa senza che si spiaccichino da qualche parte. E lui riesce a farseli regalare persino da mia madre (si adorano, se non ci fosse una generazione di differenza si sarebbero fidanzati loro due).

Così a casa nostra capita che di kaki ce ne siano anche troppi, nonostante i miei sforzi per erigere barriere all’ingresso. E siccome qualcosa bisogna pur farne (sono odiosi perfino nella pattumiera, se c’è un buco nel sacchetto colano) ho deciso che tanto valeva farci qualche esperimento. E, osare per osare, ho pensato di farci quello che non avrei mai immaginato: cucinarli. … Sciaff!!

Mi sono ricordata di una ricetta di David Lebovitz, che a sua volta l’aveva presa da James Beard… insomma: solo con le ricette i kaki viaggiano senza spiaccicarsi strada facendo. L’idea era praticabile, con qualche aggiustamento. Ne è uscito una specie di pane rapido, un lontano cugino del soda bread per via del bicarbonato al posto del lievito, ma con una dose consistente di zucchero e pure di burro, sicché verrebbe da definirlo un cake, se non fosse che non ha la leggera fragranza di una torta… Insomma, quale che sia la categoria più adatta a definirlo, il risultato è stato davvero sorprendente. Un pane umido, compatto ma morbido, che si scioglie in bocca… finché non trovate un pezzetto di noce o una nocciola e siete costretti a fare “crunch” assaporando l’amarognolo della tostatura. Un pane d’autunno, al quale i kaki regalano una particolare consistenza: non un profumo (è lo zucchero di canna, insieme alla frutta secca tostata a prevalere) e nemmeno tanto un sapore, ma una morbidezza che dura per giorni.

Perché questo è un pane che migliora con il tempo. Non solo non si secca (a meno che non lo esponiate allo scirocco), ma acquista sapore. Il giorno dopo il kaki inizia a farsi sentire – e risciaff!! … – e perfino quel goccetto d’alcol sotto forma di birra riesce a dire la sua. Se poi gli date una tostatina, il gioco è fatto: riuscirete a stupire persino il più scafato dei vostri amici gourmet. Perché – diciamocelo – non è che una roba cotta al forno con dentro dei kaki si trovi proprio al supermercato sotto casa…

Kaki

Perciò, se amate questo genere di cose, vi consiglio di provarci. Quanto a me, adesso mi toccherà rivelare a mio marito che dei kaki li ho mangiati pure io: cotti, però… come le lumache. E mi sono piaciuti.

Così capirete perché quest’alba che lentamente si trasforma in giorno non mi vede affatto triste: c’è una fetta di pane ai kaki a farmi compagnia, insieme a una tazza di té scuro e forte. E a una zanzara che non dà segni di cedimento… Encomiabile, se non fosse che non ho ancora compreso che posto debbano avere le zanzare nel creato: è forse un compito nobile pungere la gente nottetempo? …Sciaff!!

Saluti e baci (alla citronella),

S.

P.S.: … e scordatevi il pane alle zanzare: non sono ancora pronta per superare anche questo.

IL  PANE DOLCE DI KAKI CON NOCI E NOCCIOLE

INGREDIENTI

farina bianca oo: 250 gr
zucchero grezzo di canna: 180 gr
burro: 100 gr
uova: 2
birra: 50 ml
polpa di kaki: 250 gr (sono circa due kaki)
noci: 50 gr
nocciole: 50 gr
sale fino: 1/2 cucchiaino
bicarbonato: 1 cucchiaino (bello colmo…)

Accendete il forno a 180° e foderate di carta forno uno stampo da cake (il solito, quello da 25 x 10 cm).

Lavate i kaki e raccogliete tutta la polpa con l’aiuto di un cucchiaino (non dannatevi l’anima se ci resta qualche pezzetto di buccia: cotta è buona pure quella… piuttosto vedete di schiacciare eventuali grossi grumi di polpa).

Sgusciate le uova e sbattetele appena senza montarle.

Fate fondere il burro in un pentolino (io lo metto in forno, intanto che si scalda: fuoco dolce per definizione…).

Setacciate in una ciotola la farina con il bicarbonato, aggiungete il sale e lo zucchero e mescolate molto bene.

Tostate le noci e le nocciole (potete usate il forno anche per questo…), facendo attenzione a non bruciarle. Lasciatele raffreddare e spezzettatele: le noci a mano, mentre per le nocciole vi servirà un pestacarne (o un bicchiere dal fondo spesso). L’importante è che non le massacriate con il coltello o – peggio ancora – con il mixer: qui ci vogliono pezzetti consistenti, che facciano “crunch” sotto i denti.

Unite alle uova la polpa di kaki, aggiungete il burro fuso e da ultimo la birra: sbattete in continuazione, perché il burro tenderà a restarsene a galla.

Versate nella ciotola il mix di ingredienti asciutti, mescolate bene e quando il composto sarà omogeneo aggiungete le noci e le nocciole a pezzetti. Un’ultima mescolata e rovesciate tutto nello stampo.

Cuocete per almeno 45 minuti (ma forse vi ci vorrà anche un’oretta): il pane è cotto quando ci infilate un bastoncino da spiedini e riuscite a tirarlo fuori asciutto (e anche a non ustionarvi…). lasciatelo cinque minuti nel forno spento, poi sformatelo e fatelo raffreddare su una gratella da pasticciere.

Mangiatelo freddo, meglio ancora il giorno dopo: questo è un pane che acquista con il passare dei giorni. Il massimo? Tostato a fette spesse, con o senza un velo di burro, con una tazza di té.

Conservatelo avvolto in un foglio di carta forno, oppure scoperto con la parte aperta poggiata su un piatto. Potete anche surgelarlo a fette: la mattina a colazione basterò un passaggio in forno o nel tostapane per riportarlo a nuova vita.

——————————-

Su Flair di questo mese…
Io fatico sempre un po’ con questo genere di cose, ma insomma… non bisogna nemmeno esagerare sennò si rischia di passare da snob. A pagina 112 del numero di Ottobre: grazie all’autrice Francesca Martinengo e alla redazione.

Su Flair di Ottobre...