I miei maritozzi per Adriano…

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C’è in giro gente che copia a tutto spiano. Il genere non è nuovo: di copioni è pieno il mondo e di falsi – più o meno d’autore – è disseminata la storia. Ma anche la categoria, che di simpatia ne ispira poca in ogni caso, merita i suoi distinguo.

C’è chi copia per sfida, per capire quanto vicino può arrivare all’originale, magari traendo in inganno chi di originali dovrebbe intendersene per mestiere. Corrono giusto venticinque anni dacché tre finte teste di Modigliani riemersero dal Fosso Mediceo di Livorno. I critici d’arte gridavano alla scoperta, discettando ispirati sui colpi di scalpello del grande Modì. Peccato che le teste fossero state sbozzate a colpi di trapano da tre studenti universitari e da un bizzarro artista concettuale: una burla goliardica. Ci fu qualche solone della critica d’arte costretto a ridimensionare i propri sogni di gloria, ma nessuno si arricchì a scapito d’altri: e il mondo finì per ammirare il genio creativo di quei giovani “copioni”.

I tempi cambiano. Finita l’epoca dei falsi d’autore, oggi scarseggiano gli autori e fioriscono i falsi: in tutti i campi. La tecnologia fornisce alibi e supporto ai ladri di idee: siamo nella società del “cut and paste”! Guardatevi attorno, è tutto un “copia e incolla”: ricerche universitarie, bilanci aziendali, siti web, tette e zigomi, programmi televisivi, persino stralci di programmi elettorali. Tutto si copia e tutto si incolla: sembra una nuova legge della fisica. Alla quale non si sottrae nemmeno l’universo della cucina, reso effervescente da un’ondata di attivismo affaristico senza precedenti.

In vent’anni, cucinare è passato dall’essere un affare casalingo da massaie a un affare globale da fichissimi gourmet. La cucina è di moda, e come tale si vende. E’ tutto un fiorire di riviste, libri, trasmissioni. Che richiedono personaggi: a volte autentici, a volte costruiti maldestramente a tavolino. C’è un ragazzotto che si muove disinvolto ai fornelli come se fosse con gli amici al pub? Subito compaiono giovani similcuochi che di certo si esercitano ore davanti allo specchio per lanciare limoni e impugnare padelle come fa lui! Si copiano stili, abbigliamento, inquadrature, battute… figuriamoci i piatti!

Un tempo persino Pellegrino Artusi – che nel suo campo era qualcuno – citava la fonte delle sue ricette: e se poteva, ci aggiungeva un aneddoto, un pensiero gentile per l’autore. Adesso, che di gente del calibro di Artusi ce n’è pochina in giro, è tutto un “taglia e incolla”. Non c’è più nemmeno bisogno di scomodare le Poste Regie per farsi inviare dalla signora Marietta la ricetta del panettone: basta attaccarsi a Internet e scopiazzare indisturbati i siti altrui.

La pratica è diffusa anche tra bloggers, per onestà intellettuale dobbiamo ammetterlo. Ma è cosa ben più odiosa quando a copiare sono quelli che di ricette campano, perchè ne hanno fatto un mestiere: quelli che scrivono libri, conducono programmi in tivù, aprono scuole. E non mi si dica che certe cose possono capitare: chiunque si dedichi alla pratica del “taglia e incolla” sa bene che prima o poi la situazione sfugge di mano…

Ora, dico io, ogni lavoro ha una sua dignità: persino mostrare il décolleté in televisione parlando di calcio o di polenta. Purché sia fatto con impegno e onestà. Ma non c’è nulla di professionale – e dunque di rispettabile – nel saccheggiare i blog alla ricerca di ricette da spacciare come proprie.

Signore e signori copioni vip, regalate al vostro pubblico almeno una parvenza di professionalità: prima di imperversare per l’etere con un mestolo in mano, squittendo consigli farlocchi e ricette non vostre, premuratevi di fare le opportune verifiche. Magari vi è sfuggito un “taglia e incolla” di troppo… Prima di pubblicare libri e aggiornare archivi in rete, fate un controllo di qualità sugli ingredienti: proprio voi, che di cucina dovreste intendervene, fate in modo di metterci solo farina del vostro sacco.

Quanto a noi bloggers, state tranquilli: faremo la nostra parte.
Ci organizzeremo e vi smaschereremo. E troveremo il modo di farlo anche davanti al vostro pubblico: quello di cui dovreste avere maggior rispetto perché vi consente di campare di ricette.

Saluti e baci.

I MIEI MARITOZZI PER ADRIANO…

INGREDIENTI

farina Manitoba: 300 gr
farina bianca 00: 250 gr
zucchero semolato: 100 gr
latte: 200 ml
burro: 80 gr
uvetta sultanina: 80 gr
uova: 1
lievito di birra: 25 gr (un cubetto)
zucchero a velo vanigliato: 3 cucchiai

Mettete a bagno l’uvetta in un bicchiere d’acqua tiepida. Fate intiepidire la metà del latte con due cucchiai di zucchero e scioglietevi il lievito mescolando molto bene, finché non inizia a formarsi la schiuma.

Miscelate le farine in una grande ciotola, fate una fossetta al centro e versatevi il lievito disciolto. Iniziate a sbattere con forza con un cucchiaio, come per una frittata, e cercate di incorporare pian piano un po’ della farina attorno; fermatevi quando avrete ottenuto una specie di panetto morbido, al centro della fossetta di farina. Fatelo riposare 15 minuti.

Sbattete l’uovo con lo zucchero restante, aggiungetevi il burro fuso (fatto intiepidire) e rovesciate tutto sul panetto lievitato riprendendo a sbattere con il cucchiaio per incorporare farina. Aggiungete anche il latte, un po’ alla volta perché dovete regolarvi voi circa la consistenza dell’impasto: dovete riuscire a lavorarlo con le mani senza che vi resti appiccicato.

Quando avrete raccolto tutta la farina e l’impasto si staccherà dalle pareti della ciotola formando una palla, rovesciatelo sul piano di lavoro infarinato e lavoratelo bene dando 8 torciture: non dimenticatevi di sbatterlo con forza sul piano di lavoro a metà della lavorazione.

Quando avrete una palla liscia e compatta, allungatela in un “serpentone”, allargatelo con le mani e disponete l’uvetta all’interno nel senso della lunghezza, riavvolgete l’impasto su se stesso e date un altro paio di torciture senza spingere troppo per non schiacciare l’uvetta.

Uungete l’impasto con un cucchiaino d’olio e mettetelo a riposare nella grossa ciotola pulita, sigillandola ermeticamente con della pellicola. Lasciate riposare in un luogo riparato per almeno un’ora e mezza.

Accendete il forno a 240°. Quando l’impasto sarà raddoppiato di volume rovesciatelo sul piano di lavoro, sgonfiatelo con il palmo della mano e ricavatene dei panini ovali, appuntiti alle estremità, di una decina di centimetri di lunghezza. Disponeteli sulla leccarda ricoperta di carta forno, distanziati tra loro perché non si attacchino in cottura, e fateli lievitare per 20-30 minuti.

Nel frattempo preparate la glassa con lo zucchero a velo e paio di cucchiaini d’acqua: dovete ottenere una pappetta densa e vischiosa, quindi aggiungete l’acqua poco alla volta.

Infornate per 5 minuti: appena vedete che i panini sono dorati in superficie estraete la leccarda dal forno, spennellateli velocemente con la glassa e rimetteteli a cuocere direttamente sulla griglia (così non si scuriscono sotto).

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Scusate le lungaggini ma qualche nota oggi ci vuole…
Innanzitutto i link alle ricette rubate di Adriano e di Lydia, che pubblico più che volentieri.

Smascheriamo i furbetti?
Ripeto qui quanto scritto nei miei commenti ai loro rispettivi posts: perché non troviamo il modo di denunciare collettivamente in una qualche forma “codificata” questi casi? Io ho suggerito un messaggio breve e a testo fisso, nel quale cambino solo date e nomi, da diffondere ogni volta che si scopre un copione illustre. Senza fare nomi di persone, ma limitandosi a dire che nel tal giorno alla tale ora sul tale canale è stata diffusa una ricetta di (….) senza che l’autore ne sapesse niente. Senza epiteti, accuse di furto, insulti: solo un dato inattaccabile, oggettivo. Insomma, nulla che possa ritorcersi contro chi ha subito il comportamento “predatorio”. Si potrebbero anche numerare, questi casi, perché temo che la gente dimentichi facilmente. Esiste da qualche parte un archivio delle ricette copiate? Con date e nomi?
Penso che il giorno in cui dovesse esistere una “massa critica” di informazioni del genere, sarebbe più facile anche denunciare l’accaduto su media diversi dal web. Nome in codice per la campagna: “E’ tutta farina del tuo sacco?“.
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.