Biscotti integrali alle castagne

Biscotti integrali alle castagneBiscotti integrali alle castagne http://www.fragoleamerenda.it/author/sabrine/

Biscotti integrali alle castagne

Mettiamola così: non ce n’è stata una che sia filata liscia da quando abbiamo traslocato. Mica cose grosse, per carità… ma siamo ancora qui con gli scatoloni che arredano una parete del salone.

Perciò tre settimane fa, davanti a un cielo che inaspettatamente si tingeva di rosa ho avvertito come un moto di ribellione interiore: “Mi sono già giocata l’autunno e l’inverno: non mi perderò la primavera…”. E ho deciso che avrei tentato la carta dell’impegno full-time. Perché il rischio vero, arrivati a questo punto, era quello di adattarsi a convivere con certe storture organizzative che rischiavano di trasformare non solo le nostre abitudini domestiche, ma addirittura noi.

Va bene essere informali, ma scendere al bar sotto casa con un pennello infilato nei capelli più di una volta non si può fare: perché alla seconda, la curiosità del barista è legittima.
Va bene continuare a uscire senza calze sotto i pantaloni, perché – causa assenza di armadio – la biancheria è stipata in una millefoglie di strati indistinguibili e trovare un capo è un terno al lotto: ma poi tocca sorbirsi le battutine sulle signore che si credono all’ultima moda andando in giro con le gambe bluastre dal freddo.
Per non parlare del mio occhio sinistro, sempre lievemente pesto per via di quell’unica lampadina che pendeva a destra dello specchio, rendendo vano ogni contorsionismo quando un minimo sindacale di make-up si rendeva necessario.

Perciò mi ci sono buttata anima e corpo in quest’impresa, come se potessi da sola ergermi a barriera contro lo sciame di accidenti karmici che impietoso svolazza per casa. Per venti giorni ogni mia energia (di quelle sottratte alla quotidianità, s’intende…) è stata finalizzata a un solo obiettivo: produrre passi avanti verso la normalità. E anche se il nostro ménage è ancora un tantino “inconsueto”, bisogna ammettere che la differenza inizia a vedersi: innanzitutto perché finalmente… ci vediamo!

C’è luce in queste stanze. A voi sembrerà ordinaria amministrazione, ma vi assicuro che non è stato per niente facile scovare oltre la cannucciaia del soffitto una trave in grado di reggere quel sedici bracci di bronzo di cui mio marito s’è follemente innamorato. Non è stata soltanto un’impresa epica (io e l’elettricista avvinghiati corpo a corpo in cima a una scala con secoli di polvere nera che ci scendeva sulla testa…), ma una lezione di vita: perché con tutto quel che si sente in giro una pensa di doversi guardare – che so – dalle segretarie scollacciate… e invece scopre che un signore serissimo può perdere la testa per un lampadario. Roba da far saltare tutti gli interruttori di casa dallo stupore (e infatti ne abbiamo cambiati cinque in una settimana: pare fosse una partita difettata).

Abbiamo anche un armadio. O meglio: una libreria facente funzioni. Ce l’hanno riportata dopo la remise en forme, una bottarella di chirurgia plastica per renderla sinuosa e farla passare da quella curva in fondo al corridoio nella quale si era incagliata il giorno del trasloco.
“Signora, meglio che lei non abbia visto: ci siamo andati giù pesante…” mi ha confessato il falegname quando me l’ha riconsegnata. Segata a metà e un po’ ammaccata, ma ho fatto finta di niente: non è carino osservare le cicatrici degli altri… Si è appena riavuta dai postumi dell’intervento: una stuccatina e, con l’occasione, anche un cambio di colore. Lezione numero due: un cambiamento non è solo la rottura di un vecchio equilibrio, ma anche un’apertura verso il nuovo.

Cucina e dintorni. Le nostre cene itineranti si consumano tra un piccolo tavolino da bistrot piazzato in cucina (che funge attualmente anche da scrivania, con tanto di computer sempre acceso), il nostro vecchio tavolo emigrato nello studio, e il tavolo appena consegnato che – forse per timidezza essendo nuovo dell’ambiente – reagisce a ogni tentativo di avvicinamento marchiando di nero pece chiunque osi sfiorarlo.

Perciò ogni sera, per confondere ulteriormente il nostro senso dell’orientamento già messo a dura prova dal viavai di tavoli e vivande, ci stappiamo una bottiglia di vino dicendo “Solo due dita…” e finisce che quasi ce la finiamo. Ma siamo comunque in grado di trovare la strada per la camera da letto. Dove – per effetto del forte dislivello del pavimento – la rete è fuori bolla di tre centimetri: non è che si rotoli, ma mi sveglio la notte con la sensazione di scivolare di lato. Devono ancora trovare una soluzione, però abbiamo imparato che è come con il mal di mare: basta sdraiarsi e guardare l’orizzonte. Lezione numero tre: l’equilibrio è una questione puramente mentale (altrimenti come farebbero gli acrobati sul filo?).

Abbiamo anche una libreria. Grande, persino più di quella che non c’è stato verso di far passare dalla finestra: l’abbiamo progettata a pezzi per farla entrare in casa. L’ho rimirata due giorni prima di prendere in mano stucchi e colori e iniziare a dipingerla. Ma il mio pennello è rimasto sospeso a mezz’aria: le ante si erano ristrette, miseramente ritirate come maglioni centrifugati senza pietà.
“Sarà stato il troppo caldo, o una partita di legno mal stagionata… Ma mi creda signora: mai visto niente del genere in tanti anni di mestiere…” mi ha detto sconsolato il falegname.
“Per fortuna non credo ai fantasmi…” gli ho risposto fingendomi distratta.

In realtà continuo a ripensare alla storia di Agostino: l’ultima volta l’altro giorno, quando un muro ha iniziato a trasudare acqua e nessuno capiva da dove provenisse. Lezione numero quattro: quando le leggi della fisica non bastano, un fantasma può anche fare comodo.

Così, mentre le giornate si allungano e i banchi del mercato si colorano di sfumature inaspettate che mettono gioia solo a guardarle, una sensazione mai provata prima mi assale. E’ come una leggera vertigine, un desiderio di voltarmi spesso indietro verso l’inverno che scivola via: perché mi pare di non averlo vissuto appieno, almeno in cucina, e vorrei rubargli ancora qualche frutto prima di archiviarlo in via definitiva e correre incontro alla stagione nuova. Penso a tutto quel che mi sono persa, nei mesi spesi a rincorrere operai: gli agrumi, le castagne, i bolliti e i risotti, le verze, la zucca…

E allora, il solo modo di lenire il rimpianto è tirar fuori dalla mia dispensa nuova quel sacchetto di farina di castagne comperato prima di Natale e inesorabilmente trascurato per mancanza di tempo. Inventarmi dei biscotti e ridere di me, mentre inauguro uno stampino raccattato in una delle scorribande notturne su Ebay, di quelle che mi concedevo per sognare una cucina quando la mia era solo un ammasso di tavole e piastrelle. Un peccatuccio da ingenua foodblogger fanciullina, che mi fa sfornare dei frollini fuori stagione. Buoni, ma del tutto fuori tempo: come me e come questo post, che quasi mi vergognavo a scrivere. Perché sarebbe ora di riporre cacciavite e pennelli e tornare a raccontare di fragole, asparagi, lievito e farina…

Saluti e baci (un po’ fuori stagione),

S.

BISCOTTI INTEGRALI ALLE CASTAGNE

INGREDIENTI

farina di castagne: 100 gr
farina bianca 00: 100 gr
farina integrale di grano: 50 gr
zucchero grezzo di canna: 80 gr
burro: 100 gr
latte: 6 cucchiai
sale fino: un pizzicco

Tirate fuori il burro dal frigo con mezz’ora d’anticipo.

Mettete nel mixer le farine, lo zucchero e il sale e fate andare per un paio di secondi (non di più, sennò vi perdete il “crunch crunch” della farina integrale…). Poi aggiungete il burro a tocchetti e il latte, e fate andare a intermittenza finché il composto non diventa una palla (non più di altri dieci secondi).

Rovesciate l’impasto in una ciotola, sigillate con della pellicola e mettete in frigo per mezz’ora (o anche due giorni, se vi fa comodo).

Accendete il forno a 170° e foderate di carta forno una teglia per biscotti (che non sarebbe la leccarda che usate per l’agnello arrosto…).

Stendete l’impasto col matterello in una sfoglia di 4 mm di spessore, tagliate i biscotti della forma che preferite e infornateli per 8-10 minuti. Non perdeteli d’occhio (non dimentichiamoci mai che ogni forno risponde a regole sue…) e appena li vedete colorirsi un po’ estraete la teglia dal forno, girateli e continuate la cottura per qualche altro minuto (diciamo 5-10 al massimo). In sintesi: tirateli fuori quando sono del colore di quelli della foto da entrambe le parti, tenendo presente che il mix di farina di castagne e farina integrale li rende… naturalmente abbronzati.

Fateli raffreddare su una griglia da pasticciere e conservateli in una scatola di latta: reggono alcuni giorni (un po’ meno se siete di quelli che per concentrarsi hanno ogni tanto bisogno di un cappuccino con un paio di biscotti croccanti…)

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Questi biscotti…
… non contengono alcun agente lievitante. Sono dei veri, rustici biscotti croccanti, da masticare con lentezza perché il sapore della farina di castagne vi riporti all’inverno appena trascorso. Non aspettatevi dei biscottini friabili, da inzuppare in un nanosecondo (per quello ci sono i pistokkeddos…): questi sono biscotti con un sapore deciso, che vi piaceranno se amate le castagne.
Se poi voleste trasformarli in una merenda golosa, sciogliete a bagnomaria una tavoletta di cioccolato di quello che preferite e usatelo per accoppiare i biscotti a due a due… Non dimenticate di leccarvi i baffi.

Non di frollini alle castagne, ma di blogging, presunte bugie e rivelate verità…
Continuo a stupirmi di come blog e vita si intreccino e io non sia preparata a prevenirne gli effetti. Qualcuno si ricorda la storia della macchina col surf incagliata tra due alberi al parcheggio? Beh… sono passati davvero tanti anni.
Due settimane fa arriva mio fratello e mi dice: “La mia amica B., che ti legge sempre, ti ha fatto una critica…”
“Interessante: le critiche servono a migliorarsi…”
“Dice che non c’è bisogno che ti inventi storie esagerate come quella del surf al parcheggio…”
Non ho fatto in tempo a rispondere.
“Tutto vero: verissimo!…” ha detto mio marito alzando gli occhi al cielo e agitando le mani come fa sempre quando una cosa supera ogni immaginazione.
Essendo lui considerato come quello “serio” della famiglia, la successiva precisazione dei dettagli tecnici è valsa come prova inoppugnabile, e mio fratello si è arreso all’evidenza: “Allora glielo dirò, a B…. ma io non l’avevo mai saputa, questa storia…”
“E ti sembrava il caso che te lo raccontassimo, visto che il surf era il tuo?!?”
Così, dal giorno sto tenendo un elenco delle storie che non potrò scrivere prima di averne dato anticipazione in famiglia… Non si sa mai, dovessero davvero scambiarmi per una che inizia a raccontar frottole in tarda età per far colpo sulla gente…

Lo stampino “Home Made”
(14.04.2011) Come ho scritto ai tanti lettori che me l’hanno chiesto, avevo perso traccia del negozio Ebay inglese presso il quale l’avevo comprato. Ci è voluta Gaia, con il suo fiuto da ricercatrice, per scovarlo in rete: stesso stampino e pure stesso negozio! Perciò vi passo volentieri la dritta (lo stampino è disponibile all’indirizzo che trovate qui), con una precisazione: non è pubblicità (scusate, ma ci tengo…). Un grazie di cuore a Gaia e… buona infornata a tutti!