Vi racconto una storia, anzi… un libro

Fragole a merenda: il libro (Guido Tommasi Editore)Fragole a merenda: il libro (Guido Tommasi Editore) http://www.fragoleamerenda.it/author/sabrine/

Fragole a merenda: il libro

Tutto ebbe inizio ai tempi dell’ultimo trasloco, un pomeriggio in cui decisi che ero stanca di aprire scatoloni. Collocai l’ultima pila di libri, richiusi la scaletta traballante, andai in cucina e mi misi a impastare una brioche. Non era certamente una priorità in una casa letteralmente sottosopra… Qualche ora più tardi, seduta davanti a una ciotola fumante (sì, proprio quella che vedete) mi ritrovai a riflettere sul significato di quel gesto e di quel piccolo pasto, che non era né un pranzo né una cena ma mi rendeva felice: mi faceva sentire in pace con il mondo, anche se il mondo mi si presentava sotto forma di pezzi di mobili e la mia vita era momentaneamente ospitata in quarantotto scatoloni.

Ci sono momenti in cui le cose – semplicemente – accadono. Indipendentemente dalle circostanze. E quando accadono  non si può fermare tutto e dire “Scusate non è il momento, sto traslocando”. I casi della vita, per fortuna, non funzionano così.

Un mese dopo, camminavo veloce per la strada con le mie ballerine di velluto azzurro ai piedi e un paio di fogli scritti di getto sottobraccio. Ero attraversata da un’inquietudine sottile, un vago senso di colpa preventivo.
“Non posso presentarmi con questo nome da squinternata, non è corretto…” pensavo tra me e me mentre mettevo in fila le idee. Quella persona mi stava ricevendo senza nemmeno sapere chi fossi per davvero: chiunque, con un briciolo di cervello nella testa, si sarebbe sentito in difetto al posto mio.

Quando entrai, tutto era come l’avevo immaginato: scaffali pieni di libri che arrivavano al soffitto, forse persino un tantino traballanti come quelli della mia libreria. Non mi sentivo in un luogo lontano, non lontano da me voglio dire. Feci appena in tempo a salutare.
“C’è davvero quel fantasma in casa sua?” mi chiese la ragazza allungandosi gli occhiali sul naso.
Agostino! Ditemi voi se una deve arrivare in un posto come quello e mettersi a parlare del fantasma di famiglia. Ma in certi momenti le cose semplicemente accadono…  e poi, per certi versi, ero una specie di fantasma anch’io. Mi arresi. “Dipende dai giorni: stamattina, per esempio, era vivo e vegeto!” E fu un contagio di sorrisi.

Cinque minuti più tardi mi sentivo come un adolescente che l’ha fatta grossa ed è finalmente costretto a confessare. In due anni ero sempre riuscita a tenere al riparo la mia vita vera, ma adesso non avevo più scampo: fine della sceneggiata, almeno qui. Al mio interlocutore mi sarei presentata col mio nome: era la prima volta, da quando esisteva il blog.

Fragole a merenda: il libro  in costruzione

Sarebbe riduttivo definire quella che avevo davanti come una scrivania. Una complessa fortificazione medievale di volumi si ergeva  al centro della stanza: torrette (alcune delle quali pericolosamente pencolanti), robusti torrioni e – solo di tanto in tanto – qualche sottile feritoia. Quando finalmente una breccia si aprì (annunciata da un paio di prevedibili crolli) mi schiarii la voce e mi presentai. Avevo più volte immaginato quel momento, ma dovrei ricordarmi più spesso che la vita supera di gran lunga ogni sceneggiatura…

“La ringrazio molto per questo incontro, ma siccome mi sento un po’ in difetto nei suoi confronti sarà il caso che mi presenti subito. Mi chiamo (tutto d’un fiato: nome e cognome) …”
Lo vidi accennare appena un sorriso. “Non è un cognome molto diffuso, se non sbaglio è tipico di (e giù il nome di una regione) … anzi di (e giù il nome di una città) …”
La poltroncina era dotata di schienale, sicché quegli attacchi concentrici alla mia cintura di protezione anagrafica produssero contraccolpi che riuscii a dissimulare. Ma anche le più impenitenti facce toste hanno dei limiti. “Conoscevo un ragazzo, anni fa, molto bravo col surf: si chiamava…”
Ora, anche a voler recitare la parte di quella avvezza alle cose di mondo, ditemi voi: che faccia avrei dovuto fare a sentire il nome di mio fratello?

Confesso: fu necessario un attimo di pausa. “Abbia pazienza, io mi ero preparata un bel discorso ma lei mi ha sbaragliato. Perciò adesso riavvolgo il nastro e ricomincio daccapo. Dunque: sono la sorella di quel ragazzo, e sono io l’autrice di Fragole a Merenda…”
Fu un colloquio amabile, ma estremamente professionale. Eppure, di tanto in tanto – avendo letto un certo mio post – quel garbato signore si informava cautamente su come era potuto accadere che il surf di mio fratello fosse finito impigliato tra i rami di un albero, in un parcheggio, a causa della sottoscritta. Non ebbi il coraggio di approfondire più di tanto l’argomento, nel timore che quel benedetto surf – uno dei tanti che si alternavano all’epoca sul tettuccio dell’utilitaria di famiglia – potesse essere stato il suo…

Fragole a merenda: il libro  (souffle di cioccolato)

Forse l’avrete già capito, ma non sarebbe carino in ogni caso – arrivati a questo punto – sottrarmi al dovere di dirvelo anche io: quel signore era un editore, e non uno a caso. I suoi libri sono da sempre in cima alla lista dei miei desideri (per la verità, alcuni sono da anni anche sullo scaffale della mia cucina…) perché non c’è nessun altro, in Italia, che ne faccia di più belli. A causa sua ho persino smesso di approvvigionarmi in un paio di librerie parigine e in certi altri posti in giro per l’Europa, di quelli dai quali non uscivo mai a mani vuote: i volumi che piacciono a me, da anni, li pubblica in edizione italiana proprio la sua casa editrice.

Si chiama Guido Tommasi e grazie a lui da oggi “Fragole a merenda” non è più soltanto il nome di questo piccolo blog: è anche un libro. Un libro vero, di quelli stampati su carta pesante e con le pagine cucite come non fa quasi più nessuno. Con la copertina rigida, perché i libri di cucina si devono poter consultare anche con le dita sporche di cioccolato… Un libro uscito da un paziente lavoro di redazione, svolto con cura artigianale.
Non vi sarà difficile comprendere come l’idea di un progetto comune mi sia sembrata da subito bellissima. Perché io non avevo in testa soltanto un ricettario, ma – per l’appunto – un “libro” vero: un libro per cucinare, ma che fosse al contempo anche da leggere. Un volume che non immaginavo solo sullo scaffale della credenza, ma disposto a seguirvi ovunque vi piaccia concedervi una pausa. Un libro di cucina capace di strapparvi un sorriso anche se è una giornata storta…

Fragole a merenda: il libro (una ciotola di mele)

Chi conosce questo blog, sa bene che molte mie ricette nascono da un incontro: con un ingrediente o con una persona, poco cambia. E se storie e ricette s’intrecciano, non c’è verso di farle andare per strade separate: non avrebbe senso. Come faccio a convincervi che potete impastare a mano una brioche se non vi racconto di Delfina, degli indigeni dell’isola di Pentecoste e delle sue strepitose zeppole che lievitavano grazie a una stalla? O a passarvi la ricetta della torta al miele di Emma, spartana e sorprendente come lei, se non vi racconto della sua storia d’amore ai tempi dello sbarco in Normandia? Per non parlare dei “kulfi party” di Brenda e del suo gelato indiano senza gelatiera, o della “Moncucca” che ci fa ancora rimpiangere che Nirit se ne sia tornata a Gerusalemme.

E poi ci sono Brian con le sue quiches e gli acquerelli, e Xavier che prepara intingoli speziati per la sua fidanzata bellissima. Il postino e la signora Maria con l’aia brulicante di galline. E le suore dell’asilo Montessori alle prese con ostie, ciambelline e progetti sottomarini tropicali. La nonna stregata da un albero di fichi e Artemio che minaccia schioppettate. Le tortine della pasticceria di Montmartre, e le focacce del fornaio-Giove-tonante, la torta al cioccolato della signora Conti (signora Conti we love you! credetemi, se lo merita…) e i biscotti di guerra di mia nonna. Potrei andare avanti ancora a lungo, anzi a lunghissimo. Perché alla fine di questa incredibile avventura mi sono ritrovata con ben 350 pagine! Vale a dire quasi il doppio di un libro di cucina che si rispetti.

Fragole a merenda: il libro (backstage)

Ora, in tutta sincerità, non posso essere io a dirvi se questo sia o meno un libro rispettabile: molte delle ricette che ci trovate possono suonare un tantino eterodosse (ci sono panini da fare a colpi di cucchiaio, una ricetta di bagels a vapore, e persino dei pancakes sovietici, un autentico ossimoro se il vostro immaginario culinario ha salde radici in Occidente). Ma voi sapete bene che non sono una di quelle che mettono il cardamomo nel caffelatte del nonno per il gusto di stupire: semplicemente mi piace… farla semplice! (perdonate il bisticcio di parole). Cioè sono convinta che in molti casi un cambio di prospettiva aiuti a trasformare le cose complicate in cose alla portata di tutti.

Perciò “Fragole a merenda” è dedicato alle ricette – dolci e salate – che nascono dall’approccio basic riservato a merende e colazioni, ma possono diventare qualcosa di più: un brunch della domenica che vale quanto un pranzo, una cena scapigliata tra amici, uno spuntino à porter per l’ufficio o per la scuola. E’ un libro che ho scritto a modo mio (voi mi conoscete: avrei potuto fare altrimenti?), condendo con una generosa dose d’ironia anche certi passaggi necessariamente “tecnici”. Non me ne voglia nessuno, non ho alcuna velleità da chef, ma io vorrei riuscire a trascinare in cucina persino i timorosi e i più riottosi renitenti: quelli che non hanno mai osato affrontare a mano una ciotola di albumi o un impasto da focaccia, e quelli che non hanno mai pensato che cucinare sia un’attività divertente. E’ un libro che ho scritto pensando a tutti: ragazze d’ogni età, nonni e nipoti, fidanzati innamorati e possessori di cucine low-tech (il mio pensiero va sempre a quelle spartane da studenti).

Fragole a merenda: il libro (Guido Tommasi Editore))
Fragole a merenda: il libro (Guido Tommasi Editore))

A questo punto credo di avervi detto proprio tutto. Non ho intenzione di tediarvi raccontandovi che sono stati due anni e mezzo di lavoro intenso, perché ciascuno ha il suo e non conosco ancora un mestiere che non lo sia, se è fatto con impegno. Posso dirvi però che ci ho messo tutta la passione di cui sono capace. E che nei momenti in cui pensavo che non ce l’avrei fatta, come per magia c’era sempre un messaggio di incoraggiamento che mi arrivava da qualcuno di voi. Ho molto apprezzato i tanti che, avendo scoperto cosa stavo combinando (ah!, la rete…), hanno rispettato la mia discrezione e mi hanno scritto una mail piuttosto che un commento: mi sono sentita “protetta”. E se fino all’ultimo non vi ho detto niente di quel che stava succedendo in questa piccola cucina, non è perché non vi consideri degli amici veri. E’ solo che a me le cose piace farle, prima di raccontarle. E le so fare solo con tempi tutti miei…

Ci sono molti grazie da dire, all’arrivo di un lungo percorso come questo e io nel libro ne ho scritta una pagina intera. Sappiate che in cima alla lista ci siete proprio voi: tutti, uno per uno, perché ormai mi pare di conoscervi da sempre. A forza di scrivermi che vi piace tanto leggere i miei post e che era il caso che mi trovassi un editore vi ho dato retta. Trenta mesi di lavoro tondi tondi: e poi non ditemi che non vi tengo in considerazione.

Un grazie lungo 350 pagine va a Guido Tommasi (che è spiritoso e non si è offeso per il vostro podio), senza il quale questo libro non avrebbe mai visto la luce. Mi ha messo a disposizione una casa editrice, e mi ha riservato il privilegio raro di partecipare ad ogni fase della revisione del mio libro. Anche per questo spero di non dover mai scoprire che quel benedetto surf apparteneva proprio a lui…

Un grazie particolare a Laura Tosi, che ha rivisto tutti i miei testi, sopportando certe mie maniacali sottigliezze in fatto di lessico e sintassi. E a Tommaso Bacciocchi, che ha impaginato un libro non facile, e da vero uomo di montagna è sopravvissuto a valanghe di miei scatti fotografici.

E poi c’è la mia famiglia. Mia madre, cuoca straordinaria e maestra di ironia, che finalmente la smetterà di dirmi “Sei lenta, lenta, lenta!”. E mio padre, al quale stavolta non potrò portare di persona quel che ho scritto, ma che sono certa troverà il modo di leggere anche questo. Mio fratello, protagonista di tanti miei ricordi non solo culinari, e mia sorella, che non dimenticherete facilmente dopo aver letto un certo racconto su una scatola di cioccolatini.

Infine il Piccolo Principe e Principessa, senza i quali la mia avventura di tastiera e di fornelli non avrebbe avuto un senso. E quel paziente signore che, folgorato dalle mie doti di domatrice di surf, ha incautamente chiesto la mia mano e si è ritrovato trasformato in Monsieur d’Aubergine.

Fragole a merenda: e finalmente il libro

E adesso non ho altre parole, solo un paio di foto: le ho scattate un’ora fa, mentre la luce fredda del mattino si posava sul mio tavolino da bistrot. Mi sono ricordata solo all’ultimo momento che quella copertina era nata proprio qui. Non ho nemmeno messo a fuoco, tanto non ci avrei visto (anche alle impenitenti facce toste in occasioni del genere spuntano i lucciconi…)

Ve l’ho detto che bisogna guardare alle cose da diverse prospettive. Stavolta è bastato che mi sedessi dall’altro lato del tavolo e davanti a me non c’era più solo una copertina. Ma un libro vero…

Fragole a merenda è finalmente un libro...

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POSTILLE

Le torri di scartoffie delle foto, ancorché massicce e pencolanti, non sono dell’Editore, ma della sottoscritta. Le sue sono ben più alte di 23 centimetri.

La frasi scritte sulla foto non sono attribuibili ad Efisio: ero io che comunicavo con Laura, per sottolineare come lei riuscisse a farmi fare le cose persino senza chiedermele esplicitamente. Quanto a quel brutto ceffo coi baffetti e i galloni, aveva appena fatto strage delle mie ciotole ed era stato prontamente riassegnato alla propria postazione.

“Fragole a merenda” è da oggi in tutte le librerie d’Italia e dovunque si vendano bei libri. E siccome mentre lo scrivo mi sto un po’ emozionando, è meglio che affidi il messaggio alla carta stampata:

Fragole a merenda: il libro