Panettoro o pandettone?

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Panettoro o pandettone, di FRAGOLE A MERENDA

Cosa può spingere una tranquilla signora – pur con una vena di mai sopita eccentricità – a complicarsi deliberatamente la vita in una settimana già complicata di suo?

Me lo sono chiesta tre giorni fa, quando ho deciso di imbarcarmi in un’avventura che più natalizia non si può: preparare in casa il pandoro, senza nemmeno possedere un’impastatrice. Non che la cosa sia concettualmente inarrivabile, ma certo non è robetta da un pomeriggio e via. Ci vuole tempo, pazienza, e pure forza: perché provate un po’ voi a lavorare un impasto tanto ricco di burro a forza di braccia. E poi occorre aspettare che lieviti una, due, tre volte… Tenerlo al caldo, riparato come un neonato cagionevole.

Insomma, data l’abbondanza di alternative disponibili (ci sono interi scaffali di pandori al supermercato) serve molta determinazione per portare a termine l’impresa. Ma io avevo una motivazione fortissima: un anniversario così importante da festeggiare, che nemmeno per un attimo ho pensato di desistere.

Giusto quindici anni fa, il mio Natale ha richiesto un impegno speciale. Non che trascorrere le feste in una corsia d’ospedale sia tra le disgrazie peggiori: in fondo avevo un reparto tutto per me, infermiere che mi colmavano di attenzioni e persino l’albero con le lucine. E’ che avevo anche tubi che mi uscivano da tutte le parti e la prospettiva di iniziare l’anno nuovo con un sostanzioso dosaggio di chemioterapici.
Non è stata una passeggiata: tutta in salita, molta nebbia e tante giornate amare. Ma pure tante risate, incontri indimenticabili e tanto amore. Mi ostino a considerarla la più grande fortuna della mia vita: una straordinaria opportunità di crescita che non è data a tutti. Stare così male ed essere oggi qui a raccontarla.

Perciò ho impastato a mani nude il mio pandoro, ho atteso con pazienza e lavorato con impegno. Due giorni mi ci sono voluti, senza alcuna certezza del risultato: ma per me era un modo tutto speciale di rivivere un percorso ben più arduo. Non avevo neppure uno stampo adatto, ma l’ho voluto fare lo stesso: per sfida. Con lo stesso beffardo atteggiamento con il quale quindici anni fa guardavo tutti quei tubicini e mi dicevo: “Tanto vinco io”.

Sicché il mio personalissimo dolce di Natale è uscito dal forno un poco strano. A casa lo guardavano e mi chiedevano: “Ma è un panettone o un pandoro?”. Di sicuro ve lo chiederete pure voi. E io rispondo a tutti allo stesso modo: “E’ un impasto di pandoro in uno stampo di carta da panettone”. Dunque: pandettone o panettoro? Decidete pure voi come chiamarlo.

Quanto a me, beh… è un’altra cosa. Ci ho messo pure l’alloro al posto del vischio. Perché per me questo non è solo un dolce di Natale: è il podio più alto della mia vita.

Buon Natale a tutti!