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Header story dalla mia cucinaHeader story dalla mia cucina http://www.fragoleamerenda.it/author/sabrine/

Header story dalla mia cucina

Era uno di quei giorni in cui mi aggiro per la cucina a caccia di scatti. Non ricordo cosa avessi preparato, ma non è importante. Ricordo invece benissimo la luce, una luce diffusa e accecante capace di insinuarsi perfino in quell’angolo solitamente al riparo del frigo. E ricordo che era appena arrivato Gustave…

Se avete intenzioni di farvi strane idee fermatevi subito: spiacente di deludervi, ma sono una terribilmente noiosa per questo genere di cose… non ricevo signori di primo pomeriggio mentre me ne sto in cucina tutta sola. Gustave è solo l’ultimo arrivato di una tribù di vecchi ritratti, che non posso fare a meno di portarmi a casa quando li incontro per strada. Li salvo da un destino pulcioso, a rischio di riempirmi la casa di pulci pure io, e in genere è Monsieur d’Aubergine che protesta.
“Un altro?!? Ma non vedi che è tutto rovinato? …”
“Appunto, poveretto. Costa troppo poco, non se lo prenderà nessuno: farà di sicuro una finaccia se non ce lo prendiamo noi…” e sorrido maliarda.

E’ un copione collaudato: a questo punto, lui si rassegna e va alla macchina. Perché noi giriamo con rotoli di sacchetti da pattumiera, fogli di plastica a bolle e nastro di carta nel bagagliaio, il kit del perfetto cacciatore di trouvailles, che – in quanto tali – si trovano in genere tra mucchi di robaccia e vengono vendute così come sono. Siccome lui è allergico alla polvere e io ai finti mercatini pieni di robe fintage (la definizione è sua…), il kit ci serve a sopravvivere durante il viaggio di ritorno. O meglio: garantisce la sopravvivenza della nostra coppia.

Dunque, vi dicevo, era appena arrivato Gustave. E siccome a vivere per strada non è che si possa badare poi tanto alla propria pulizia, la prima cosa che gli avevo offerto era una doccia: una vera doccia con una bella insaponata, perché per queste cose sono temeraria (sono quadri da pochi euro, non vale la pena di mandarli dal restauratore): chi accetta la mia ospitalità, deve sapere fin da subito che sarà assolutamente basic… vale per gli amici e anche per i ritratti di sconosciuti. L’avevo messo ad asciugare, il povero Gustave, nell’angolo della cucina solitamente riservato a Efisio, il quale – essendo in casa nostra ormai da anni – mi conosce bene e non s’ingelosisce per questi sfratti momentanei a beneficio dell’ultimo  arrivato.

“Efisio, stattene qua mezza giornata” gli avevo detto mentre lo appoggiavo sulla mensola. E devo dire che nonostante i suoi annetti faceva la sua figuran, infilato tra il muro e le mie ciotole…  Non so se fosse il fascino della divisa, o quel passe partout colorato che ravviva il suo pallore, fatto sta che l’ho guardato soddisfatta da lontano, ho girato la macchina fotografica e ho fatto clic.

Un istante dopo, la colonna sonora di quel mio solitario pomeriggio si è arricchita di percussioni estranee allo spartito. Vrrrrooom, vrrooom! …Trrrrr, trrrrr … Patatrac! (traduzione: rumore di camion che passa nella via, rumore di antico palazzo che trema al suo passaggio, rumori di ceramiche che crollano sul pavimento).
Quando mi sono riaffacciata al mondo senza il filtro dell’obiettivo, la parte di mondo a me più prossima si presentava come un ammasso di cocci bianchi e blu, frammisti a mollette da bucato di legno  (le uso per chiudere i pacchetti), bustine di lievito e nocciole tostate. Solo Efisio era rimasto tale e quale: nemmeno un gallone fuori posto. Mi guardava con quello sguardo lievemente distaccato come per dirmi: “C’è un limite a tutto, va bene essere ospitali ma il posto che hai dato a quello là sarebbe il mio… e poi mi sfida, guardandomi dritto negli occhi…”

Da allora il buon Gustave è alloggiato nella stanza a fianco, una sala da pranzo che funge sovente anche da studio quando la sottoscritta scrive e cucina contemporaneamente. Abbiamo appurato che è un po’ strabico, il che dà a tutti l’impressione che lui fissi negli occhi il prossimo per il gusto di sfidarlo, ma vi assicuro che non è così.

Ma a me quelle ciotole mancavano, erano tra le mie preferite e in tutti questi mesi non ne ho trovate altre che potessero stare sulla mensola con altrettanta grazia, al punto che adesso quella mensola è piena di libri. Di loro mi restava soltanto quella foto… che è finita sulla scrivania di Caroline assieme a tante altre, quando si è trattato di disegnare un logo per FRAGOLE A MERENDA e la header del blog. Dovevo far capire a una persona che non avrei mai incontrato qual è il mio mondo, dove vivo, cosa mi piace, quali sono gli oggetti che uso nella mia cucina.

Mele, vecchi ritratti e ciotole vissute dalla mia  cucina
Un nuovo logo per FRAGOLE A MERENDA

Quando mi sono arrivati i primi schizzi sono rimasta a bocca aperta: non riuscivo a staccare gli occhi da quella mensola. Tutte le mie ciotole erano nuovamente lì, così vere che mi veniva da allungare una mano per toccarle. Roba da raddrizzare lo sguardo perfino al buon Gustave! Così, tra tante proposte, non ho avuto dubbi: “My heart is on that shelf…” le ho scritto subito.

Da allora un pezzetto del mio cuore è per davvero  sopra quella mensola, in compagnia delle mie ciotole rinate. Erano così belle che quando si è posto il problema di eliminarne alcune per rendere la header più leggera, non me la sono sentita di buttarle via: “Ci ha già pensato Efisio a farne strage – mi son detta – non farò altrettanto…”.
Quelle da togliere erano tra le più amate della mia credenza, anch’esse raccattate a pochi euro in Place du Jeu de Balle, piene di piccole crepe e scalfitture, segnate dalla vita come piace a me. Né vintagefintage: semplicemente autentiche… Le avevo già salvate una volta dal cassonetto, potevo lasciare che ci finissero di nuovo? Così ho fatto come faccio sempre in questi casi: le ho spostate. Adesso sono il logo di FRAGOLE A MERENDA…

E se vi ho raccontato questa storia, che a me è sembrata da subito belissima, è per spiegarvi cosa intendo quando dico che questo piccolo blog è ormai una parte della mia cucina vera.

Ma se proprio devo dirvela tutta, e ve la dico fuori tempo massimo perché io sono così e oramai mi conoscete, ce ne avrei un’altra di storia bellissima da raccontarvi: una storia che ne racchiude tante altre e avvincente come non avrei mai immaginato. E’ una storia lunga due anni, che si merita un post tutto per sé e una festa piena di amici. Perciò dopodomani siete tutti invitati, perché stavolta – a giudicare dall’insolita fatica con la quale le dita scorrono sulla tastiera – sarò io ad aver bisogno di voi…

Saluti e baci (emozionati),

S.