Vellutata di castagne con porcini

http://www.fragoleamerenda.it/author/sabrine/

Vellutata di castagne con porcini

Lo so… non si fa così: per più di un mese questa cucina non ha visto altro che dei cristalli di zucchero. Era Natale. Sarebbe stato assai più garbato tornare e farvi almeno gli auguri di Buon Anno…

La verità è che avevo anche un bellissimo dolce di cioccolato e marrons glacés pronto per diventare il mio biglietto d’auguri: decorato proprio con quei fiocchi di neve… Che fine ha fatto? No, non me lo sono dimenticato in freezer: se lo sono spazzolato i miei ospiti a Capodanno. Dopo un carré di maiale nero con le mele e lo speck, un petto d’anatra farcito alle noci, una pasta ripiena di brasato e una serie di piccoli aperitivi.

E’ stato un fantastico Capodanno: con gli amici, tante candele accese in ogni stanza, i miei rami con le lucine alle finestre e migliaia di candide lanterne cinesi di carta che si sollevavano dalla piazza e timidamente prendevano il volo. Nella notte, luci tremule ondeggiavano lievi davanti ai nostri occhi: oltre i vetri gelati si srotolava una meravigliosa Via Lattea guidata dal vento, come una danza di meduse fluorescenti spinte lontano dalla corrente.
Tutti abbiamo sognato, ipnotizzati dallo spettacolo, che dietro ogni lanterna volante si nascondesse un desiderio da esprimere, un augurio per l’anno che nasceva: e che il vento l’avrebbe portato lontano, a spasso per l’universo.

La mattina dopo, il più dissacratore dei mei ospiti mi ha telefonato. “Vuoi vedere dove son finite le lanterne? Nel giardino di casa mia…”
Sembravano enormi mutande strappate da un vento dispettoso ai fili della biancheria e disseminate qua e là: appese alle chiome degli alberi, sbattute ai piedi di una roccia, affogate dentro le pozzanghere e in bilico sui fili del telefono. Uno spettacolo quantomeno singolare.
“Vuoi vedere che sogni e desideri hanno le gambe corte come le bugie?” mi son detta. E mi sono un tantino preoccupata che quelle due o tre cose che mi stanno a cuore per quest’anno non iniziassero sotto i migliori auspici.

Poi però, siccome non sono scaramantica, ho chiuso le mie finestre sulla piazza e sono salita su un aereo: destinazione Bruxelles (vi dovrò raccontare prima o poi di cosa mi diverto a fare quando me ne vado da quelle parti, anche perché c’è un sacco di gente che si meraviglia di come io possa riuscire a divertirmi in un posto che passa per essere piuttosto noioso…).

Anche qui, il vento ha voluto dire la sua: intanto perché l’aereo è riuscito ad atterrare solo al terzo tentativo (vi è mai capitato di arrrivare a 30 metri da terra e di vederlo risollevarsi all’improvviso e tornare in quota perché sbanda per le raffiche? vi assicuro che ci sono cose più divertenti…) e poi perché mi ha sferzato la faccia per ben tre giorni. Il che non mi ha impedito di fare un paio di sortite al mio negozio di casalinghi preferito, di farmi una zuppa al Le Pain Quotidien del Sablon, e di far commissioni che altrove mi sarebbero ben più complicate.

Atterrata a casa (stavolta al primo colpo…) era passata anche l’Epifania: d’altronde, come avrei potuto farvi gli auguri senza uno straccio di cartolina befanesca da dedicarvi? Così ho deciso di soprassedere e di iniziare l’anno liberandomi da una serie di zavorre domestiche che altrimenti mi avrebbero tormentata per mesi. E non ditemi che non avete capito di cosa sto parlando… perché se un po’ mi conoscete non potete non esservene accorti, quando siete passati di qua per vedere se c’erano ancora i cristalli di zucchero sul tavolo di questa mia cucina… Non sentivate un odorino che sempre aleggia da queste parti quando non c’è il forno acceso? E un ritmico flap-flap oltre la porta, come un rumore di pennello che ubbidiente si arrende al suo dovere? Lo so: non è che acquaragia, cera d’api e trementina siano tra gli effluvi più alla moda nel mondo dei foodblog: ma che avreste fatto voi, con dodici porte scortecciate e dalle maniglie scioperate, con una credenza e un tavolo venuti al mondo senza personalità e con una parete alluvionata dalla perdita del vicino?

Adesso la trave del salone non erutta più sassi e polvere vecchia di secoli, abbiamo una credenza per i bicchieri e persino una vera scrivania (e dopo il tavolino da bistrot e il tavolo-seppia, che tingeva di nero chiunque gli si avvicinasse, credetemi: è una bella conquista…).

Così non ho più scuse per non dare ufficialmente inizio al mio 2012 anche in questa mia vita parallela duepuntozero. Con un mese esatto di ritardo, ma ormai mi conoscete… E sì che quest’anno ne avrei di cose da fare: anche a queste internettiane latitudini. Ma questo è davvero un altro post. Anzi, ben più di un post…
Perciò datemi il tempo di raccontarvelo per bene. Perché mi sento come quando ho iniziato questa mia sconsiderata avventura di tastiera e di fornelli, poco più di due anni fa: “con incosciente levità, spicco il salto verso la mia caduta libera…”

Con questi pensieri inizio l’anno, amici miei. E con una quantità di esperimenti in cucina dai risvolti sorprendenti dei quali non potrò non rendervi partecipi. Questo di oggi è soltanto l’ultimo: una vellutata di castagne secche che profuma di alloro, ginepro e rosmarino. Perché non c’è niente di più meravigliosamente semplice di una zuppa per ricordarmi che finalmente è inverno. E perché a casa nostra siamo indiscutibilmente dei “tipi da zuppa”: soprattutto se la cucina profuma di pane fatto in casa (per la cronaca: ho definitivamente e irreversibilmente deposto i pennelli l’altro ieri. Almeno qui…).

Perciò se non avete delle castagne secche, è arrivato il momento di andarvele a comprare: anche col gelo. E se avete una bella pagnotta di pane nero questa è l’occasione per tirarla fuori: una generosa fetta tostata trasformerà la vostra vellutata in un vero pasto.

Se poi, oltre al pane nero, avete a disposizione anche una distesa di tetti imbiancati, beh… siete autorizzati a sentirvi in paradiso. E anche se la vostra lanterna di Capodanno è miseramente affogata in una pozzanghera, carica dei vostri sogni, non datevi per vinti: riprovateci con qualsiasi cosa voli leggera dinanzi a voi. Valgono anche i fiocchi di neve…

Saluti e baci (gelati),

S.

VELLUTATA DI CASTAGNE CON PORCINI

INGREDIENTI (per 4 persone)

castagne secche: 250 gr
patate: 4 (di media grandezza)
latte: 1 bicchiere
porcini secchi: un paio di belle manciate
granulare vegetale (il migliore che trovate, e non arricciate il naso…)
aglio: uno spicchio
alloro: 2-3 foglie (fresche, non di quelle incartapecorite e gialle)
rosmarino: un rametto (e che sia degno compagno dell’alloro…)
bacche di ginepro: 4-5
sale
pep
e nero macinato fresco
olio extra-vergine di oliva

Rovesciate le castagne in un colabrodo (o nello scolapasta), sciacquatele velocemente sotto l’acqua corrente, mettetele a bagno in una ciotola d’acqua tiepida e dimenticatevene per 24 ore.

Il giorno dopo scolatele dal liquido di ammollo, mettetele in una pentola coperte d’acqua fredda (non esagerate: l’acqua deve arrivare un paio di dita sopra le castagne) in compagnia di 2 o 3 foglie di alloro, un pizzichino di sale e delle bacche di ginepro e fatele bollire a fuoco dolce con il coperchio finché non sono tenere (il che dipende da quanto sono secche le vostre castagne… le mie erano dei sassi e ci hanno messo quasi due ore).

Nel frattempo lavate e sbucciate le patate, tagliatele a grossi pezzi e mettetele in un’altra pentola (anche qui non dimenticatevi il coperchio) appena coperte d’acqua (niente sale). Quando le patate saranno molto tenere (si devono disfare se le toccate con una forchetta…) toglietele dal fuoco e aggiungete le castagne sgocciolate (senza alloro e ginepro, naturalmente).

Diluite il tutto con un po’ di brodo che avrete preparato con il granulare (ancora con questi nasi arricciati? … ) e lavorate a crema con il minipimer: tenete il composto piuttosto denso e quando sarà perfettamente…”vellutato” aggiungete il bicchiere di latte. Fate riposare fino al momento di servire (come tutte le vellutate anche questa è migliore se la lasciate lì un po’).

Mettete a bagno i funghi secchi per 30 minuti in una tazza d’acqua tiepida, strizzateli appena e gettateli in una padella antiaderente nella quale avrete fatto scaldare due cucchiai d’olio con uno spicchio d’aglio schiacciato (e con la buccia…) e il rametto di rosmarino. Fateli rosolare qualche minuto mescolando, poi aggiungete due-tre cucchiai della loro acqua di ammollo (filtrata…), aggiustate di sale e portate a cottura (per favore, niente mosciumi: le verdure mollicce, fossero anche delle robe secche all’origine, sono un autentico crimine).

Servite la vellutata molto calda, con una generosa cucchiaiata di funghi per ogni piatto, una spolveratina di pepe macinato al momento e un filo d’olio.

POSTILLA

Agli osservatori più attenti…
… non sarà sfuggito che è nuovamente sul tavolino da bistrot che ho organizzato la mia scrivania, stamattina. La rete fa le bizze e solo da qui si riesce a connettersi col mondo. Tempesta informatica o tempesta di neve?