Dove osano le colombe

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Ci sono eventi dinanzi ai quali le parole si rivelano insufficienti. Non è che siano inappropriate: semplicemente, da sole non bastano. Sembrano non avere il giusto peso, anche se ci sforziamo di sceglierle con cura…

Io ricordo benissimo dov’ero il 6 aprile dell’anno scorso, quando mi arrivò la prima notizia di quel che era successo in Abruzzo: stavo alla cassa del supermercato, perché mi ero dimenticata il lievito di birra per la pizza di formaggio che faccio a Pasqua. Lo ricordo distintamente perché so cos’è un terremoto: quel rumore sordo che in una frazione di secondo arriva da lontano e ti trafigge dai piedi al cervello. Una corrente che ti paralizza mentre le parole ti muoiono in bocca ancor prima di uscire, sprofondate in un gorgo di angoscia. E sembra che la terra ti debba inghiottire.

Quel che è stato, con il suo peso di lutti e di responsabilità, lo sappiamo tutti: perché in tanti, e in tanti modi, ce lo hanno raccontato. Ma ci sono tasselli – che a torto tendiamo a considerare meno importanti – che a volte ci sfuggono: come le mille sfaccettature di una quotidianità che un anno dopo è ancora assai distante dall’essere “normale”.

Il lavoro, e la connessa ricomposizione di un tessuto produttivo, sono alla base della rinascita di un territorio dopo un evento tanto distruttivo. Ma lavoro vuol dire tante cose… Perché le imprese, che per restare in piedi devono fare fatturato, non sono solo macchine e indici di bilancio: sono soprattutto persone. Vite, famiglie, esistenze. Appese all’andamento del mercato, esposte ai capricci della congiuntura economica e dei consumatori.

Troppo spesso pensiamo che il mercato sia un’entità distante e indistinta, una parola da economisti e niente più. E se invece cominciassimo a pensare che il mercato siamo anche noi? Con le nostre piccole scelte quotidiane, con quella miriade di micro-gesti che hanno un peso proprio perché siamo in tanti a farli? Varrebbe la pena di ricordarselo, quando siamo di fretta al supermercato e ci viene da arraffare la prima cosa che ci presentano come conveniente. Quando nella scelta tra un prodotto e l’altro ne valutiamo solo le prevedibili conseguenze in casa nostra. Quando ci sentiamo autorizzati a compiacerci della nostra pigrizia intellettuale rassicurandoci con un bel “Tanto non fa la differenza…”.

Beh, oggi abbiamo la possibilità di compiere in tanti un gesto di quelli che la differenza la fanno, eccome…

Si dà il caso che ci sia un’azienda a L’Aquila, che produce torroni di qualità da quasi due secoli. Un’azienda molto legata al mercato locale, che per ovvii motivi ha bisogno adesso di percorrere anche altre strade. E c’è una donna, dentro questa impresa, che un bel giorno ha preso carta, penna e il coraggio a quattro mani, e ha scritto a una nota foodblogger: “Non saprei dire onestamente che lavoro faccio da dopo il 6 aprile 2009, se non che invento ogni giorno la mia vita e quella di chi accanto a me ha deciso di non fermarsi e di far prevalere l’ottimismo innanzitutto… Non ho paura, ma mi rendo conto che senza L’Aquila ho bisogno di trovare un indotto commerciale fuori da questo territorio dolorante, dove la ripresa sarà lenta e faticosa…”.

L’azienda in questione è la Sorelle Nurzia, quella dei celebri torroni morbidi che molti di voi sicuramente già conoscono. Ha deciso di raccogliere la sfida, di provare a trasformare una tragedia in un’opportunità, lanciando una nuova linea di prodotti che consentano di far funzionare gli impianti tutto l’anno: colombe, pizze di Pasqua, uova di cioccolato. Ma un mercato non si inventa in un attimo. E allora Mara, che alla Sorelle Nurzia si occupa di marketing, ha pensato di esplorare nuovi territori: compresa la blogsfera.

E’ nata così, grazie ad Artemisia e Lydia, una bellissima iniziativa che ruota attorno al blog 99 colombe. Tutti possono prendervi parte: basta inventarsi una ricetta che preveda l’uso della colomba o di un altro prodotto Nurzia e pubblicarla, tutti in contemporanea, il prossimo 6 aprile.

Sarà un bel modo per sentirci “un pezzo di società”: anche noi foodbloggers, cuochi virtuali per definizione, condannati a raccontare profumi e sapori a parole e immagini, e a cercarci commensali che non possono sedere alla nostra tavola.

Sarà un modo per esserci, per contare, per provare a dare una mano: quella giusta. Quella che serve a ricominciare a guardare al futuro con ottimismo, senza piagnistei, con impegno e dignità.

E se dalle macerie de L’Aquila il 6 aprile si solleveranno in volo tante colombe, vorrà dire che un po’ di differenza, anche piccola, possiamo riuscire a farla anche noi: armati solo di fornelli, computer e macchina fotografica. Perché se si è in tanti anche pochi strumenti possono bastare.

Non occorre sempre essere aquile per osare volare più in alto: a volte, anche le colombe ce la fanno.

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Tanti modi di dare una mano
Il regolamento per la partecipazione all’evento del 6 aprile lo trovate qui. Mentre qui trovate tutte le informazioni sulla linea di prodotti della Sorelle Nurzia: da assaggiare, regalare, diffondere in occasione delle prossime festività. Giusto per ricordarvi che si puà dare una mano anche da semplici consumatori. Perché il mercato siamo anche noi…