Storia di un libro in una piccola cucina

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Storie e ricette non escono mai a caso, dal mio archivio-teiera-di-latta. Quando decidono di metter fuori la testa, sollevano il coperchio e se ne vanno a spasso tenendosi per mano. E anche se io me ne stupisco sempre, c’è un principio d’ordine in quel guazzabuglio di foglietti spiegazzati, un filo che annoda i ricordi agli ingredienti, e me li fa trovare già disposti secondo un senso logico.

Nessuna di quelle che sono finite in questo libro, per esempio, aveva scritto a margine “Natale”. Ma è bastato che la ghirlanda ritrovasse il suo posto appesa alla credenza perché iniziassero a danzare tra fornelli e scrivania. Pian piano, un giorno dopo l’altro, storie e ricette hanno percorso fianco a fianco la strada indicata dalla foto che si sarebbe trasformata in copertina: hanno sfidato le intemperie di questa piccola cucina – folate di zucchero, nevicate di farina, turbini di granella di nocciole e colate di caramello – fino a disporsi, come per incanto, in pagine e capitoli. E diventare un libro…

Non c’è voluto molto, lo confesso, non devo fare alcuno sforzo per lasciarmi trasportare dall’atmosfera, che in questa casa ha il profumo del pain d’epices e la luce tremula di tante piccole candele: io e il Natale siamo come quegli amici d’infanzia che continuano a divertirsi insieme, anche quando sono costretti a diventare grandi.

Finalmente Natale!: una ghirlanda in cucina

Proprio come succede quando cucino e scrivo, anche davanti alla macchina da presa il filo che tiene assieme storie e ricette si è srotolato indicandomi la strada: esisteva fin dall’inizio, naturalmente, ma io me ne sono accorta solo dopo. Così ho scoperto cose di me che non immaginavo, o sospettavo appena, il che mi induce la considerazione che un video ogni tanto è un esercizio di autoanalisi che andrebbe affrontato: non solo a Natale.

Prendete le trasparenze, per esempio: si vede che mi piacciono, ma solo se relegate all’ambito “Sciroppi & gelatine”. Non è esattamente il genere per cui si dovrebbero emozionare le ragazze, ma che ci posso fare se jeans e maglione mi saltano addosso appena scoprono che voglio cucinare? Perciò anche stavolta ci sarà un’elegantissima signora che farà un salto sulla sedia quando mi vedrà comparire, e non avrà nemmeno la pazienza di arrivare a fine video prima di acchiappare la cornetta con l’amorevole furia di cui è capace.
“Ancora con questi dolcevita? Devo venire io a incendiarti il guardaroba?”

Vi risparmio il resto, perché vi toccherebbe ascoltare senza poter obiettare: dall’altro capo del telefono avreste una che ai suoi tempi era famosa perché volteggiava tra i fornelli anche in abito da sera…
E forse non si accontenterebbe di vedere che lo spillone di quel vecchio kilt adesso mi serve a bucherellare le stelle di buccia d’arancia: le resterebbe il sospetto che ne ho degli altri di riserva, e voi non ditele – per favore – che il sospetto è fondato… (ma solo perché a Natale il fascino discreto delle ghirlande d’arancia ha rubato il posto a quello del tartan).

Ire materne a parte, ho dovuto ammettere a me stessa di non essere cresciuta dai tempi dell’asilo Montessori quanto a stampini di gomma, timbri tagliacarta e cartoncini: mi divertono ancora, e ogni occasione è buona per tirarli fuori. E se anche cerco di darmi un tono con la stilografica, si vede benissimo che non ho perso l’abitudine di scrivere come la studentessa che ero: diligente, precisina, le correzioni senza sbavature, le virgole e i puntini al posto giusto… anche quando l’inchiostro cede il posto alla meringa!

Mi piace disegnare, trovare una forma armoniosa ai contorni delle cose, che siano biscotti, fiocchi di neve o ghirlande di panini. E mi piacciono così tanto gli alberi di Natale, che non solo me ne invento di commestibili – travestiti da croccante o da cracker – ma non smetterei mai di coccolare l’originale… Piuttosto: quello immortalato è solo il 50% della foresta di abeti con la quale abbiamo convissuto per mesi. L’altro, quello comprato da Abu all’angolo della via, ha resistito fino alla fine della primavera: legato alla finestra con uno dei miei spaghi colorati (pendeva vistosamente da un lato, e le palline sembravano gli orecchini di una trapezista a testa in giù…), ha atteso paziente che l’ultima bozza fosse corretta nei minimi dettagli, prima di lasciar cadere tutte le foglie e diventare legna da camino.

Ma anche da queste parti ci sono quelli che invecchiano e quelli inossidabili. Gustave, per esempio, attraversa gli anni con invidiabile baldanza. Monsieur sostiene che è di quelli brutti da giovani che con l’età migliorano, ma lui non se la prende: porta con elegante nonchalanche l’occhio strabico e il suo completo fuori moda, e quando Natale si avvicina apprezza divertito il tocco eccentrico di una collana di biscotti. La tombola della prozia Gaetana lo aiuta a non sentirsi troppo vecchio: tra coetanei attempati si stabiliscono correnti di empatia capaci di far passare in secondo piano qualche défaillance…

Piccole candele si consumano nei vasetti degli omogeneizzati di Polpetta e il ticchettio della tastiera si lascia trascinare dal ritmo dello swing, mentre il limpido blu della notte vira lentamente ai colori dell’alba. Ora è davvero tardi, e vi devo salutare. Ma c’è come un presagio di Natale, in quella stella che brilla solitaria davanti alla finestra. E sento che sarà ancora una volta un Natale bellissimo…

S.

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Grazie a Gianpiero e Stefania (Origami Videography) per aver tradotto in immagini la storia che volevo raccontare.

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