Clafoutis di fragole

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Clafoutis di fragole

Per me il clafoutis sta alla Francia come il crumble all’Inghilterra. Dolci al cucchiaio di una semplicità disarmante: uno strato di frutta con qualcosa sopra. Quel “qualcosa” è una specie di crema per il clafoutis, e una specie di frolla per il crumble. Per il resto, sempre di frutta cotta si tratta: infiocchettata e messa in ghingheri quanto volete, ma la sostanza non cambia.

La cosa non sarebbe così degna di attenzione se in Italia la frutta cotta non fosse generalmente considerata con una buona dose di sospetto. Evoca, nei più, i mesti buffet di certi alberghi di montagna o – peggio ancora – un menu da gerontocomio.

Perciò, a meno che i vostri ospiti non siano dei navigati gourmet o degli appassionati viaggiatori (o entrambe le cose, ma questo si dà solo in rari casi), che voi gli presentiate un clafoutis, una tatin o un crumble vedrete sempre qualche sopracciglio inarcarsi, mentre la posata indaga con malcelata nonchalance la superficie del dessert in attesa di un vostro attimo di distrazione: perché il commensale diffidente non assaggia nulla che non gli sia perfettamente noto, e mentre vi chiede distrattamente:”Cos’è?” effettua ripetuti e devastanti carotaggi fino a ridurre la sua porzione a un cumulo di macerie.

Avendo parecchie di queste serate all’attivo e una mimica facciale che – ahimé! – mi rende trasparente (mio marito dice sempre che ho una faccia che parla…), ho escogitato un sistema infallibile per tacitare preventivamente i diffidenti: tengo aperta la cucina. Li ricevo mentre sbatto una pastella da clafoutis o impasto un briciolame da crumble, e chiacchiero amabilmente intanto che dispongo la frutta negli stampi. Diciamocelo: non è difficile essere rilassati mentre si preparano cose del genere. Sono così facili che ci si può permettere anche qualche ammiccante giravolta alla Nigella…

Il copione è ormai consolidato. So già che nel primo caso mi chiederanno perché faccio la frittata con la frusta d’acciao, e nel secondo perché impasto ancora la crostata a mano. E allora io dò il meglio di me, sfodero un sorriso e sollevo entrambe le sopracciglia con un: “Ma non è una frittata, è un cla-fu-tììì”, con la “i” stretta stretta come quella di Carlà. Può capitare che mi chiedano la ricetta, e che mentre io gliela declamo gli chieda anche di reggermi un attimo la frusta d’acciaio. Ma una volta a tavola, si parla finalmente d’altro… e l’effetto “melina da ospedale” è scongiurato!

Non ci crederete: funziona. Al punto che una sera, tornata a tavola dopo una telefonata, ho trovato una coppia di amici a bocca aperta davanti a degli stampi vuoti: crumble di mele. Era quasi Natale e per creare un po’ d’atmosfera avevo voluto abbondare con la cannella. Peccato che fosse peperoncino…

S.

CLAFOUTIS DI FRAGOLE

INGREDIENTI

fragole: 150 gr (pulite)
farina 00: 50 gr
zucchero semolato fine: 45 gr
uova: 1
latte: 170 ml
acqua di fior d’arancio: 2 cucchiaini
burro (per lo stampo)

Tempo di preparazione: 1 ora

Accendete il forno a 180° e imburrate generosamente una pirofila.

Pulite le fragole, sciacquatele sotto l’acqua corrente, asciugatele e tagliatele a metà se sono grandi (altrimenti lasciatele intere).

Sbattete l’uovo con lo zucchero (non esagerate: non dovete montarlo, ma solo renderlo omogeneo…). Poi aggiungete la farina, l’acqua di fior d’arancio, e da ultimo – quando il composto non avrà più grumi – il latte freddo a filo.

Disponete le fragole nella pirofila imburrata, ricoprite con la pastella e infornate per 45 minuti.

Servite il clafoutis caldo o tiepido, con una spolverata di zucchero a velo se vi piace.

POSTILLE

Non è una ricetta…
Clafoutis e crumble (e perdonatemi se vado avanti ancora in parallelo) non sono ricette. Io li definirei piuttosto dei “concetti culinari”, che potete declinare in innumerevoli versioni. Non solo potete cambiare la frutta, ma una volta compreso quale dev’essere il risultato in termini di consistenza potete anche aggiungere o sostituire ingredienti alla pastella e alla crosta. Questo nella versione dolce. Perché il bello di entrambi è che potete sostituire la frutta con delle verdure, inventarvi una copertura adatta e prepararli anche in versione salata. Ben sapendo che di frutta e verdura potete mettercene la quantità che volete: sono le dosi delle rispettive “coperture” quelle che dovete tenere a mente. Non male per dei dessert di una semplicità disarmante, no?

Forni, stampi, forme e sbrodolamenti
Non finirò mai di dire che mi trovo sempre in difficoltà quando devo parlare dei tempi di cottura. Ogni forno è diverso: ne so qualcosa io, che ne ho due (uno a gas e uno elettrico) e mi fanno ammattire. Ma in questo caso particolare le cose si complicano un po’: perché molto dipende dal contenitore che scegliete di usare per il vostro clafoutis. Vetro, ceramica, latta smaltata: il materiale non fa gran differenza (ma scordatevi di usare uno stampo in silicone, perché rischiereste l’effetto “frittata sul pavimento” all’uscita dal forno, dato che resta molto morbido). Quel che invece influenza i tempi di cottura è la capacità dello stampo. Questo clafoutis è alto circa 3 cm al suo ingresso in forno: se l’altezza aumenta, i tempi si allungano. Se non avete idea di che spessore potrà avere una volta spatafiato nella teglia, fate prima delle prove con la sola pastella: è come quella da crêpes, non le succede niente. Ma calcolate che un clafoutis si gonfia un po’ in cottura, perciò evitate di stare a filo bordo: a meno che non moriate dalla voglia di ritrovarvi il forno costellato di sbrodolamenti bruciacchiati…